PROJECT

 

 

Introduzione

Il problema alimentare è la più grave tematica che la popolazione globale si trovi a fronteggiare nell’epoca attuale;  nel mondo moderno dove il progresso scientifico e lo sviluppo tecnologico hanno placato i nostri bisogni e soddisfatto le nostre più insostanziali necessità, ancora un’enorme fetta di umanità soffre la fame, rendendo il fenomeno della “fame nel mondo”, in termini quantitativi,  la maggior causa di morte mai esistita. Affermare che l’assenza di cibo sia “ancora” oggi un problema è in realtà una clamorosa inesattezza, il tipico ed inappropriato cliché , perché se apparentemente sono state risolte molte problematiche e la speranza di vita media è aumentata, è anche vero che in passato, pur morendo per molte altre cause, non si moriva tanto di fame. Il problema alimentare è, come quasi tutti gli altri, un problema legato alle condizioni di assoluta disuguaglianza del sistema politico, economico e sociale, che si basa esclusivamente sul profitto e sull’altissimo tenore di vita che una ridottissima parte della popolazione globale intende conservare. In campo alimentare quella delle risorse limitate è una tesi insostenibile, utile solo a giustificare la politica consumistica dei paesi ricchi che in questo modo intendono liberarsi dalla responsabilità della crisi, che attribuiscono ad un insostenibile aumento di popolazione nei paesi poveri. Ma è sufficiente osservare il nostro standard di consumi per ammettere che è solo colpa nostra se gente come noi dall’altra parte del mondo non sopravvivrà un altro giorno; il solo fatto di non agire ci rende responsabili di questo scempio globale.
E cosa dire delle malattie per eccesso di alimentazione? E’ possibile che l’aumento della disponibilità alimentare causi danni ancora maggiori della malnutrizione stessa? Gli OGM possono essere una soluzione ad entrambe le problematiche?

Fame

Attualmente quasi un miliardo di persone al mondo soffrono la fame. Il 98% del numero complessivo di affamati vive nei paesi in via di sviluppo; due terzi di essi in soli sette paesi (Bangladesh, Cina, Etiopia, India, Indonesia, Pakistan e Repubblica Democratica del Congo) ed oltre il 40% solo in Cina e in India. In questi paesi essi rappresentano il 16% della popolazione. Sono 22 i paesi che si trovano ad affrontare crisi alimentari ricorrenti ed un'altissima prevalenza di sottonutriti, conseguenza degli effetti combinati di disastri naturali, conflitti ed istituzioni deboli. Fame cronica ed insicurezza alimentare sono le caratteristiche più comuni di una crisi prolungata.  In media la proporzione delle persone che sono sottonutrite in paesi che devono fare i conti con questi problemi complessi, è di circa tre volte più alta che negli altri paesi in via di sviluppo. Mentre la produzione agricola è triplicata dal 1950, oggi sono sempre di più le persone che soffrono la fame rispetto a 20 anni fa. La fame e la malnutrizione sono il risultato di un accesso inadeguato o del tutto assente a risorse produttive indispensabili, come terra, foreste, mari, acqua, semi, tecnologia e accesso al credito. Il 75% di chi soffre la fame sono persone politicamente emarginate, che vivono in zone rurali. In molte realtà, piccoli agricoltori e famiglie vengono estromessi dalle loro terre e le popolazioni locali non possono permettersi di comprare quello che vi è cresciuto. Troppo spesso, il risultato è una spirale di distruzione ambientale, di povertà e di fame. Questo perché l'agricoltura di tipo industriale, piuttosto che produrre cibo per soddisfare le esigenze delle comunità locali per una dieta sana e variegata, produce colture da vendere sui mercati mondiali. Il rapido aumento della fame a livello mondiale continua ad alimentare un'enorme crisi umanitaria: la pericolosa combinazione della recessione economica mondiale e dei persistenti alti prezzi dei beni alimentari in molti paesi ha portato circa 100 milioni di persone in più ogni anno oltre la soglia della denutrizione e della povertà croniche: la crisi economica mondiale ha ridotto i redditi e aumentato la disoccupazione, riducendo ulteriormente le possibilità di accesso al cibo per i poveri. L’analisi dei dati sulla fame nei periodi di crisi e di ripresa evidenzia il problema dell’insufficiente capacità di risposta agli shock economici di molte famiglie e paesi poveri. La mancanza di meccanismi adeguati per affrontare gli shock o per proteggere le popolazioni più vulnerabili dalle loro conseguenze si traduce in una notevole oscillazione nel numero degli affamati in seguito a delle crisi. Inoltre, non si deve pensare che tutti gli effetti delle crisi sulla fame scompaiano al termine della crisi. Le famiglie indigenti potrebbero fronteggiare gli shock vendendo il proprio capitale fisso, che è difficile da ricostituire, riducendo il consumo alimentare in termini di quantità e di varietà, e tagliando le spese sanitarie e di istruzione, tutte soluzioni che hanno un impatto di lungo termine negativo sulla qualità della vita e sui mezzi di sostentamento.

Obesity

L’altro lato della medaglia sono le condizioni delle persone che, un tempo solo nei paesi sviluppati, ma ora anche nei paesi in via di sviluppo e nei paesi poveri, sono in sovrappeso o obese; dal punto di vista sanitario queste due condizioni possono ritenersi dannose per la salute al pari della malnutrizione a causa degli effetti negativi che provocano in particolare sul sistema cardiovascolare. Attualmente al mondo 1,3 miliardi di persone sono sovrappeso, mentre quelle sottopeso sono 800 milioni; in america latina e africa centro-orientale e settentrionale le persone sovrappeso rappresentano un quarto della popolazione adulta, e l’aumento della percentuale di persone sovrappeso è comune a quasi tutti i paesi in via di sviluppo. Questo fenomeno è dovuto all’influenza negativa che la società consumistica occidentale ha sui paesi in cui stabilisce il proprio mercato: oltre ad installare i centri di produzione, le multinazionali trasformano i paesi sottosviluppati nei maggiori consumatori dei prodotti che essi stessi producono, alterando l’economia locale e favorendo lo sviluppo di alti tassi di malattie dovute alla scorretta alimentazione. Questo rapido passaggio dalla denutrizione alla ipernutrizione, chiamato “transizione nutrizionale”, si è verificato in meno di una generazione e ha provocato un drastico peggioramento dello stato di salute di milioni di persone, passate da un regime alimentare povero ma sano, ad uno accessibile ma dannoso.  

 

 

 

Gli OGM

Gli organismi geneticamente modificati noti come OGM, sono il risultato della ricerca nel campo della biotecnologia e sono ottenuti attraverso l'ingegneria genetica, attraverso cioè l'utilizzo della tecnica del DNA ricombinante che permette di manipolare il corredo genomico degli esseri viventi creando nuovi organismi detti transgenici. Questi nuovi organismi possono contenere geni di qualsiasi specie animale, vegetale o batterica e per questo hanno una varietà di possibili caratteristiche pressoché illimitata. Questi organismi modificati sono utilizzati in molti settori tra cui quello industriale, farmaceutico, ambientale, agroalimentare e zootecnico. Se però il loro utilizzo è comunemente accettato in molti settori, non lo è affatto in campo agroalimentare, nonostante le colture OGM rappresentino attualmente il 10% delle colture primarie mondiali per un totale di 114,3 milioni di ettari. Prendendo in considerazione il maggior numero possibile di punti di vista, essi sono al contempo una grande opportunità (e per certi versi necessità) produttiva per un mondo in via di sviluppo anche sul fattore demografico, ma anche un grave rischio per l'ambiente e consequenzialmente anche per l'uomo. Il loro utilizzo, anche se in crescita, è pur sempre dibattuto ed osservando gli immensi profitti che industrie come la statunitense Monsanto hanno ottenuto dalle colture OGM, viene da pensare che gli aspetti positivi dell'ingegneria genetica possano essere passati in secondo piano.

Come si fanno?

OGM

Le tecnologie necessarie alla produzione di OGM sono il risultato di una serie di importanti scoperte ed innovazioni che partono essenzialmente dalla scoperta nel 1969 degli enzimi di restrizione, seguiti poi dalla PCR nel 1984, dal sequenziamento di un numero sempre maggiore di specie e da molte altre fondamentali innovazioni tra cui la tecnica del DNA ricombinante, la terapia genica, le sonde molecolari, i polimorfismi e quindi la clonazione.

Per quanto riguarda l'aspetto tecnico la tecnologia del DNA ricombinante, utilizzata per produrre OGM, è a livello teorico piuttosto semplice. Si tratta sostanzialmente di creare una molecola di acido nucleico (in questo caso DNA) che contenga determinati geni estranei: questi modificando il genotipo della specie causano cambiamenti nel fenotipo conferendogli date caratteristiche. La tecnologia del DNA ricombinante è suddivisa in diverse fasi: per prima cosa si estrae da un batterio un plasmide, ovvero una piccola molecola circolare di DNA che si duplica separatamente dal cromosoma batterico; questo plasmide può trasferirsi in altre cellule e duplicare qualsiasi gene per cui, una volta modificato, verrà reinserito nel batterio. Il passaggio successivo consiste nell' isolare il DNA contenente il gene prescelto da una cellula e isolare quindi il gene dal resto del DNA mediante gli enzimi di restrizione. Questi frammenti di DNA sono moltiplicati attraverso la reazione a catena della polimerasi (PCR) ed inseriti all'interno del plasmide batterico. Il batterio dotato di plasmide modificato può essere quindi duplicato ed utilizzato per creare copie di geni o copie di proteine.

Metodo TumefaciensIl metodo attraverso Agrobacterium tumefaciens, è indicato per piante dicotiledoni, come la soia o la zucca. Si tratta di un batterio che in natura è patogeno (induce la galla del colletto nelle piante), ma che si è riusciti ad utilizzarlo come mezzo di trasmissione del DNA. Al suo interno contiene il plasmide Ti (da Tumor inducing) a cui sono stati tolti i geni patogeni, e il plasmide helper che contiene il gene vir che fornisce le proteine necessarie al trasferimento nella cellula vegetale e contiene i genti contro l'antibiotico. Avvenuto il passaggio della membrana plasmatica della cellula, il DNA contenente i geni d'interesse si integra con il DNA della pianta.

Il metodo biolistico consiste,invece, nell'utilizzo di pistole geniche (gene gun) che permettono di inviare nella cellula vegetale (monocotiledoni ad esempio mais, grano, riso) particelle microscopiche d'oro o di tungsteno ricoperte di DNA contenente gli antigeni.

 

 

 

Alcuni esempi

Soia transgenicaL'esempio più clamoroso di alimento geneticamente modificato è la soia transgenica, prodotta a partire dal 1995 dalla Monsanto per resistere all'erbicida "Roundup" a base di glifosato. Il DNA della soia trasngenica attualmente coltivata e commercializzata è modificato con parti del genoma di un virus (il virus del mosaico del cavolfiore), di un batterio (Agrobacterium sp.) e della petunia (Petunia hybrida). Si tratta dell'organismo geneticamente modificato più diffuso in assoluto(il 60% di tutti gli OGM), con l'87% della soia statunitense e il 60% di quella mondiale transgenica.

 

 

Il mais dolce insetticida è un altro organismo geneticamente modificato (rappresenta il 24% degli OGM), studiatoRiso Dorato per produrre una sostanza velenosa per gli insetti nocivi, evitando il ricorso di massa degli insetticidi (con l'introduzione al suo interno del gene del batterio Bacillus Thuringiensis).

Altri prodotti abbastanza diffusi sono la colza resistente agli pesticidi, il cotone Bt (sempre dal batterio Bacillus Thuringiensis), il golden rice (cioè il riso arricchito di beta-carotene); di minor rilevanza o ancora in fase di studio il pomodoro che dura più a lungo e ancora cacao, vaniglia, zucchero di canna (principalmente contro i pesticidi).


 

 

Il dibattito sugli OGM

no OGM

Le conseguenze di una conversione globale delle colture alla produzione di OGM non sono ancora chiare e questo suscita non poche preoccupazioni nei consumatori, che vedono questa evenienza attraverso due problematiche chiave: da un lato ci sarebbero i consumatori occidentali, che come tutt'ora si preoccupano dei rischi legati alla salute e solo in rari casi sanno della provenienza dei prodotti che acquistano, se da colture tradizionali o OGM; dall'altro lato ci sarebbero i consumatori dei paesi poveri o in via di sviluppo, proprio quei paesi dove le multinazionali intendono imporre tali colture, che non potendosi permettere nient'altro, accetteranno passivamente il cambiamento. Questa visione, forse un po' critica, da però il senso di un fenomeno che si sta diffondendo fin troppo velocemente e che potrebbe davvero esporci a seri rischi; esaminiamo dunque i pro e i contro degli OGM.

I benefici che gli OGM possono portare sono, per quanto riguarda le colture, un miglioramento delle qualità dei prodotti, un ridotto tempo di maturazione, un incremento del potere nutrizionale, della resa e della tolleranza agli stress ambientali ed una aumentata resistenza alle malattie ed agli erbicidi per tutte le piante. Anche l'allevamento potrebbe trarre beneficio dagli OGM, con una maggiore resistenza, produttività, una migliore alimentazione e quindi una maggiore produzione di carne. Se si considerano infine gli effetti positivi che in teoria si potrebbero avere sull'ambiente e, grazie a tutti i vantaggi elencati, sulla sicurezza alimentare della popolazione globale, ci si rende conto che gli OGM potrebbero davvero essere una realtà positiva per il nostro futuro.

Proteste ogm

Il vero grande problema è però molto più grande di tutti gli aspetti positivi: non sappiamo se quanto detto sia possibile senza effetti collaterali e se si in che misura. Questo perché ancora non abbiamo sufficiente esperienza per valutare quali possano realmente essere gli effetti negativi degli OGM. I rischi valutati possono infatti essere un impatto negativo sulla salute umana, incluse allergie ed aumentate resistenze ad antibiotici; impatto ambientale compreso il trasferimento incontrollato di geni mutati da una specie all'altra e da una coltura ad un'altra tramite impollinazione ed in ogni caso una sostanziale perdita di biodiversità legata alla superiore resistenza delle piante OGM ai virus e agli altri fattori ambientali. Ma il più grande fattore di rischio in assoluto è il vero interesse dei produttori di OGM, che non è affatto il miglioramento della qualità del cibo che consumiamo o la sicurezza alimentare nei paesi del Terzo Mondo, ma senza alcun dubbio il profitto. Questo cinismo è la vera minaccia alla diffusione di OGM, che secondo questa logica non farà altro che mettere l'intera produzione di cibo mondiale, già largamente monopolizzata, pienamente nelle mani di poche industrie che avranno il completo controllo dei mezzi di produzione, dai geni necessari alla produzione, ai pesticidi selettivi necessari alla coltivazione. Questo totale monopolio si estenderà oltre i confini delle nazioni là dove ci sarà agricoltura e causerà un ulteriore incremento della dipendenza sui paesi industrializzati da parte dei paesi in via di sviluppo. A prova del fatto che questi processi sono già in atto basti osservare che molte società stanno brevettando i nuovi OGM, e questa etichettatura non consente di fare altre positive modifiche alle piante, questo nell'ottica di una spietata speculazione.

 

 

In vitro meat

In vitro meat

Oltre 9 miliardi di persone  abiteranno la terra entro il 2050 e il cambiamento per provvedere loro abbastanza cibo per nutrirsi senza distruggere completamente l’ambiente sarà enormemente difficoltoso.
Molti scienziati ritengono che la soluzione del problema sarà data dalla cosiddetta carne artificiale (“In vitro meat”)  in combinazione con la nanotecnologia e l’ingegneria genetica  per incrementare l’efficienza alimentare del prodotto.

Il concetto della carne artificiale e più in generale dei cibi artificiali è presente nell'immaginario collettivo già da molti anni. Alghe che producono nutrimenti, plancton come unica fonte di nutrimento, segatura trasformata in zucchero, le famose pillole dell'uomo del futuro: sono tutte idee, alcune completamente fantascientifiche, che riflettono come l'uomo si sia sempre posto il problema del nutrimento nel futuro e che fanno capire come già da tempo esista la consapevolezza che sarà inevitabile trovare altre soluzioni.


Un primo ostacolo verso l’utilizzo di questi prodotti come alimenti è che il pensiero di mangiare, un giorno, polpette, salsicce o hamburger cresciuti in vitro non suscita, propriamente, l’acquolina in bocca.

Uno studio condotto all'università di Oxford ha dimostrato come cellule muscolari fatte crescere in una coltura di cianobatteri comporterebbero un utilizzo di energia dal 35% al 60% inferiore, un emissione di gas serra del 90% inferiore e un uilizzo di terra inferiore del 98%. Il 30% della superficie terrestre è destinata all'allevamento o ad attività legate ad esso; l'introduzione della carne artificiale porterebbe all'utilizzo di queste terre per altri scopi, come rinforestarle. Inoltre la carne non sarebbe più trasportata per il globo, dato che i siti di produzione potranno essere posti ovunque, vicino ai centri di maggior consumo.

Le maggiori ricerche sulla carne artificiale sono state eseguite nelle Maastricht University e Utrecht university (da parte del professor Van Eelen e lo scenziato H. P. Haagsman) , in Olanda, dove il governo ha stanziato fondi per 2 milioni di euro. Anche la NASA si è molto interessata all'argomento, dato il problema dell'alimentazione degli astronauti nello spazio, e sta finanziano studi a riguardo.

Inizialmente si trattava di prelevare parti muscolari già formate e farle crescere in laboratorio (provato con cellule muscolari di pesce rosso), ma oggi si tratta per lo più di cellule staminali . I progressi non sono ancora eccezionali, ma c'è grande ottimismo, dato che molti non vedono altre soluzioni al problema alimentare in futuro.

Tecniche

Il procedimento usato consiste nell'utilizzo di cellule staminali, sia embrionali che adulte e parzialemente differenziate, da maiali, mucche, polli,ecc. Dopo il loro isolamento, vanno fatte crescere in bioreattori, usando le tecniche già ampiamente sperimentate con le piante. Il passo successivo comporta la differenziazione delle cellule in cellule muscolari, anche se una delle difficoltà è controllarla dato che attualmente la percentuale di differenziazione in cellule muscolari raggiunta è del 50%. Per finire, le cellule avrebbero bisogno di potenziarsi nella stessa maniera in cui gli animali formano la loro potenza con l'esercizio.

Il potenziale di un simile procedimento dato che partendo da 10 cellule in due mesi si raggiungerebbe l'impressionante quantità di 10 tonnellate di carne.

In vitro meat

Oltre alle proteine e aminoacidi necessari alla crescita (ottenuti a loro volta da alghe transgeniche), le cellule necessitano di continuo nutrimento, che negli essere viventi è fornito dalla circolazione del sangue (che rimuove anche i rifiuti).

Per finire bisogna anche simulare il tessuto animale, con diversi metodi applicabili: il movimento,gli impulsi elettrici (che però è un metodo costoso), o punti di ancoraggio (per cui le cellule generano automaticamente tensione) . Un altro metodo possibile è lo stesso usato per la crescita delle cellule del nostro corpo, mediante sostanze chimiche come l'acetilcolina, agevolando anche i costi, data la sua disponibilità economica.

Attualmente le strisce di tessuto create in laboratorio, lunghe 2,5 centimetri e larghe meno di 1 centimetro, appaiono grigie e mollicce ma si spera di rendere il loro prodotto più simile a quello reale. È bianca poiché in essa non  c’è sangue. Ha anche poca mioglobina ma i ricercatori stanno cercando di costruire il contenuto di mioglobina per dargli colore. Il tessuto, creato alimentando le cellule staminali del maiale con un siero preso da un feto di cavallo, si estende per imitare il modo in cui i muscoli crescono, ma non ha ancora l’aspetto della vera carne.

E in futuro?

Impatto della carneMark Post della Maastricht University , ha riferito, come riporta il quotidiano britannico Daily Telegraph, che la tecnica è ancora molto lontana per la produzione di massa. Il primo hamburger artificiale potrebbe raggiungere un costo esorbitante, stimato oltre i 250 mila euro. 

Non ci sono ancora indicazioni sul sapore della carne artificiale perchè le regole severe impediscono a chiunque di consumare tessuti cresciuti in laboratorio che sono stati nutriti con prodotto animali, ma la qualità del prodotto si avvicinerà fra cinque o dieci anni di miglioramenti a quella del paté. Impossibile, al momento, pensare di ricavarne un filetto o una fiorentina, per cui sarebbe necessario ricostruire il complesso mix di muscoli, grasso e tessuto connettivo.

Sebbene ciò abbia alzato molte polemiche e fatto scendere le lobby anti-Ogm sul piede di guerra, le ragioni che un giorno dovrebbero spingere l’umanità a cibarsi di tale prodotto sono le seguenti:


  1. 1) Le fonti alimentari scarseggiano. Secondo l’ultimo rapporto della Fao, più di un miliardo di persone soffre per la mancanza di cibo. La popolazione cresce e la disponibilità alimentare non regge il passo, con i pesci del mare in estinzione e i nuovi terreni da coltivare che scarseggiano.
    2) Il consumo di carne sta aumentando, specialmente nei paesi emergenti, come Cina e India, dove maiale, manzo e pollo sono sempre più richiesti. L’Onu stima che entro il 2050, il fabbisogno mondiale raddoppierà, rispetto ai 280 milioni di tonnellate circa attuali.
    3) La Terra paga un conto ambientale molto alto per la produzione di carne. Gli animali da allevamento emettono miliardi di tonnellate di gas nocivi e si calcola che ogni chilo di manzo inquini come un’automobile che viaggia per tre ore (oltre all'energia utilizzata per la crescita).
    4)La carne è un prodotto che in natura è ormai molto dispendioso, dato che per produrre 1 kg di carne ci vogliono tonnellate di vegetali

La carne artificiale avrebbe invece come vantaggio che non richiede impiego di animali e  apporterebbe un contributo proteico a emissioni zero. Infine non è scontato che  la qualità della carne in vitro  sarà di minor qualità di quella proveniente dagli allevamenti intensivi, dove le bestie sono ingozzate di ormoni, mangimi scadenti e antibiotici. Per quanto riguarda invece gli argomenti morali ed etici sulle cellule staminali i ricercatori ritengono che sia inevitabile che un giorno  saremo costretti a mangiare carne artificiale. Ma il dibattito etico è ancora aperto e molti non sono ancora convinti dall'idea ritenendola moralmente ripugnante o non salutare per l'alimentazione.

Tra realtà e fantascienza

Le problematiche  dell’alimentazione futura correlata al suo sviluppo sostenibile in un mondo dove ci sarebbero state sempre più persone e meno risorse non è un tema sorto in questi ultimi anni. Infatti scienziati, uomini politici e scrittori di fantascienza già durante il corso del ‘900 si chiesero e immaginarono come sarebbero stati i nostri pasti in futuro.

Il pasto del futuro sarebbe stato composto di cibi sintetici, alghe e pillole. Nel 1923 il biologo J. B. S. Haldane propose  di seminare deliberatamente alghe sulla superficie degli oceani le quali avrebbero interamente ricoperto le acque di un denso manto verde, sarebbero state raccolte da appositi battelli e avrebbero formato la base dell'alimentazione umana.  Alternativamente proponeva il biologo "Potremmo usare altri microorganismi, ma in ogni caso nel prossimo secolo zucchero e lievito diventeranno economici quanto la segatura. Molti dei nostri cibi incluse le proteine, verranno probabilmente ricavati da fonti come il carbone e l'azoto atmosferico. Questo significa che l'agricoltura diventerà un lusso, dato che l'umanità sarà completamente urbanizzata". Nel 1928 il magazine americano Popular Mechanics affermò che latte e burro sarebbero stati derivati dal kerosene. Sempre nella stessa rivista, Winston Churchill scrisse nel 1932: "Eviteremo l'assurdità di far crescere un pollo intero per mangiare solo il petto o l'ala, facendo sviluppare queste parti separatamente". Nel 1948, Christian Century un’altra rivista americana  annunciò che l'Università della California tentava di produrre alghe mutanti con radiazioni atomiche. Nello stesso anno, la rivista Coronet descrisse un "fertilizzante radioattivo" che avrebbe moltiplicato i raccolti.

Nel futuro

Nel 1966 Arthur C. Clarke autore di fantascienza e inventore britannico scrisse sulla rivista statunitense Vogue: "Nel 2001, un intero mese di pasti per una famiglia potrà essere consegnato, in forma surgelata o disidratata, in un pacco del peso di circa 50 chili. L'unità sarà collocata in una specie di 'cuoco meccanico'. Verrà selezionato il pasto desiderato, e il computer incorporato farà tutto il resto. La carne probabilmente non proverrà da un bue, perché quella naturale è antieconomica, e potrebbe essere perfino proibita nel ventunesimo secolo. I nostri nipoti mangeranno erba, e non sapranno nemmeno di farlo. Alla fine, solo il cibo puramente sintetico potrà nutrire i miliardi di abitanti del pianeta".

Nel 1964, il chimico Sam R. Hoover dell'Agricultural Research Service di Washington credeva invece che la dieta del futuro sarebbe stata a base di proteine estratte dal pesce. Nello stesso anno, Sir Alister Hardy scrisse sul New Scientist: "Ritengo probabile che presto vedremo enormi 'balene artificiali' nucleari, per raccogliere il plancton. Entro il 1984 il plancton potrà costituire la maggiore aggiunta alle scorte di cibo di questo secolo". Il professor Callum Roberts era convinto che, una volta estinto il pesce, avremmo mangiato cibi fatti di "meduse ricostituite". Nel 1967 Science Digest pubblicò: "Entro il 2000, segatura e pasta di legno verranno convertite in cibi zuccherini. Vecchie lenzuola e tovaglie verranno acquistate da fabbriche chimiche e trasformate in canditi". Nel libro di fantascienza “ L'uomo non deve morire”, lo scrittore Enzo Biagi raccontò: "A un congresso di tecnici, il chimico Arthur Karlez di Chicago ha presentato della carne sintetica, ricavata da piante crittogame, che contiene più calcio e vitamine di quella tradizionale, è meno grassa, e ha un sapore che ricorda vagamente quello dei funghi. Costa solo venticinque lire il chilogrammo, ed è in via di perfezionamento".

Negli anni '70 molti paesi tra cui anche l'Italia, fecero investimenti per cercare di sfruttare per l'alimentazione degli animali, e forse anche  per quella umana, le "bioproteine" ricavate dai microorganismi coltivati nel petrolio. "Data una produzione annua attuale di 1250 milioni di tonnellate, senza nuocere all'industria dei carburanti e dei lubrificanti, sarà possibile produrre venti milioni di tonnellate di proteine, che coprirebbero largamente l'odierno deficit, che è nell'ordine di tre milioni di tonnellate". Tuttavia il  progetto venne cancellato, ufficialmente per il rischio che i microorganismi potessero rivelarsi nocivi. Riguardo al vecchio mito che gli uomini del futuro si sarebbero nutriti di pillole, Manfred Kroger, nutrizionista della Pennsylvania State University, afferma oggi: "Teoricamente è possibile, ma per provvedere 2000 calorie al giorno ci vorrebbe una pillola di quasi mezzo chilo".
Anche gli alimenti tradizionali che oggi giorno sono comunemente presenti sulle nostre tavole sarebbero diventati irriconoscibili. Nel 1968 James Reynolds, del Ministero dell'Agricoltura USA, disse che la trasformazione dei cibi sarebbe stata così radicale che non sarebbe nemmeno più servito sedersi a tavola. "Oggi parliamo ancora di cibi per astronauti, ma domani i cibi dello spazio diventeranno mangiare di tutti i giorni. L'energia atomica servirà a conservare ogni specie d'alimento. Il frigorifero diventerà un arnese inutile perché le derrate alimentari, trattate con i raggi gamma oppure disidratate, si potranno conservare anche vent'anni senza bisogno di basse temperature". In America 2000, Luigi Romersa raccontò la sua esperienza dopo esser stato invitato a un "pranzo del futuro". "C'erano anche il vino e il whisky e una scatoletta di pillole con scritto sopra Martini. Il vino era naturalmente in polvere, il whisky sembrava cipria dorata e il Martini aveva l'aria di una compressa d'aspirina, soltanto che era verde. Con mezzo bicchiere d'acqua si faceva una bevanda normale, e devo dire che non era cattiva". Nel 1983 Ronald Cape, della Cetus Corporation, asserì: "Probabilmente si arriverà a scoprire qualche virus iper-energetico che dispensi una persona dal nutrirsi per un mese. In fondo esistono alcuni per i quali mangiare è una noia".



 

 

Il cibo e le malattie

Cibo e malattieQuando si sente parlare di malattie le prime cose che saltano in mente sono ospedali, medicine o siringhe. A volte facciamo fatica ad accettare l’idea che l’alimentazione possa coprire un importanza di rilievo riguardo alla nostra salute. Eppure le interazioni tra cibo e organismo umano sono molto profonde, sotto tutti i punti di vista.
Se da un lato l’alimentazione può essere vista come rimedio a certe patologie,  talvolta accompagnata da medicine o terapie, è anche vero che molte malattie derivano da ciò che mangiamo, sia considerandola come mezzo di trasmissione di malattie che come causa diretta di patologie (o anche allergie o intolleranze, come nel caso della celiachia).

Ormai bisogna saper dare all'alimentazione il peso che le spetta, in tutti i sensi. Ovviamente trattando di malattie entrano in gioco numerosi fattori, tutti decisivi: fattori personali come il nostro stile di vita, l'attività fisica, il fumo o l'alcool, lo stress,la genetica, il carattere; oppure anche fattori esterni come l'esposizione all'inquinamento atmosferico o idrico, crisi influenzali,ecc.

È fondamentale, dunque, riuscire a studiare approfonditamente il complesso rapporto esistente tra cibo e malattie. Rapporto che si è evoluto nel corso della storia, passando dal “mangia tutto e un po’ di tutto” di ippocratica memoria fino ad arrivare ai fast food e alla malattie cardiache di oggi.

 

 

Il vettore cibo

Una prima problematica riguardante il cibo è il suo essere un grande mezzo di diffusione di batteri, virus o in generale di agenti patogeni, che causano le malattie (anche se non sempre come nel caso bei batteri dell'intestino).
Questi agentti patogeni per diffondersi hanno bisogno di mezzi di trasmissione, non potendo trasmettersi autonomamente. Si può trattare di aria, come nel caso dell’influenza o della tubercolosi, di acqua, di contatti diretti come nel caso di sangue o saliva (l’HIV ad esempio), ma anche dello stesso cibo di cui ci nutriamo.

Cibo Infetto

Negli alimenti sono normalmente presenti microrganismi utili in quanto ne favoriscono la preparazione e la digestione: ad esempio i salumi, i formaggi, il vino, devono la loro "bontà" all'azione dei batteri.
A volte, però, microrganismi "patogeni" e cioè batteri, virus, parassiti, dannosi per la salute dell’uomo, possono essere presenti nell’acqua e negli alimenti contaminandoli, con diverse modalità (individui portatori o malati che manipolano il cibo, scarsa igiene, l’utilizzo di acqua non potabile, preparazione con ingredienti inquinati o esposizione dell’alimento a insetti, roditori o altri animali).

 

SalmonellosiL’azione nociva dei microrganismi si può realizzare o per ingestione del microrganismo insieme all'alimento (in questo caso si avrà una tossinfezione alimentare ), oppure attraverso le tossine da essi prodotte (si avrà allora una intossicazione alimentare).
Le tossinfezioni alimentari più frequenti sono le tossinfezioni da Salmonelle (figura a fianco) da Clostridium perfrigens, da Bacillus cereus; mentre le intossicazioni alimentari più frequenti sono: il botulismo e le intossicazioni da Stafilococco aureo.

Nei casi precedenti il cibo  è l’elemento indispensabile della catena di trasmissione. Nel caso sia soltanto un elemento occasionale si parla di malattie veicolate dagli alimenti e le più diffuse sono la shigellosi, le diarree da escherichia coli, il colera, l’amebiasi, la giardiasi, l’epatite A e la febbre tifoide.

Sono tutte malattie infettive che possono essere davvero letali che si presentano con sintomi spesso comuni come la nausea, il vomito, la diarrea o la febbre; oppure caratteristici come la difficoltà della vista e la paralisi dei muscoli nel caso del botulismo.

Un ultimo caso si ha quando la trasmissione avviene dall’animale all’uomo (zoonosi)  come la brucellosi, la trichinosi, la tularemia.

Si può facilmente intuire che per questo tipo di trasmissione delle malattie è fondamentale la prevenzione, adottando tutta una serie di accorgimenti che possono diminuire notevolmente i rischi di infezione: l’igiene (mani lavate con acqua e sapone oltre alla pulizia degli oggetti a contatto con il cibo), il controllo (delle date di scadenza dei prodotti) o l’affidabilità.

AviariaUn discorso a parte andrebbe fatto per quelle particolari epidemie che hanno colpito su scala globale causando migliaia di vittime: dalla  encefalopatia spongiforme bovina (meglio conosciuta come “mucca pazza”) arrivando alla recente influenza suina (H1N1), passando per l’influenza aviaria.
Si tratta di malattie trasmesse con il consumo di animali infetti ( poi trasmesse fra gli umani stessi) e con la globalizzazione che ne amplia gli effetti.
Tralasciando gli aspetti poco chiari di queste vicende (legati alla vendita dei vaccini delle grandi case farmaceutiche) , le cause vanno ricercate in un’allevamento consumistico - spinto solo e unicamente dalla quantità della commercializzazione delle carni (e quindi del cibo) e non tanto dalla qualità di ciò che arriva sulle nostre tavole - che porta a delle conseguenze che nascono negli allevamenti industrializzati e causano epidemie di proporzioni enormi anche per la salute umana, passando per la poca (se non inesistente) resistenza dei nostri antibiotici a questi nuovi tipi di minacce sanitarie e per l'aumento della potenzialità del contagio dovuto all'inquinamento dell'aria e dell'acqua.

 

 

E se fosse dannoso?

L’ischemia miocardica è la prima causa di morte al mondo, con 7 milioni di vittime.
Ogni 6 secondi muore una persona per  un ictus.
In totale le malattie cardiovascolari provocano più di 17 milioni di morti all;anno.
Ogni 10 secondi muore una persona di diabete, per un totale di 4 milioni all’anno circa.
Altrettante ne muoiono di cancro.

Si tratta di numeri impressionanti su malattie che continuano a provocare vittime da anni e che sono causate da molti fattori (fumo, scarsa attività fisica, genetica). Tuttavia un importanza non da poco la ricopre il cibo, se non direttamente, almeno su quei fattori di rischio che portano alle malattie vere e proprie.

L’alimentazione dell’uomo ha subito cambiamenti notevoli nel corso della storia (non necessariamente in bene, come vedremo). Per migliaia di anni l’uomo ha basato la propria dieta esclusivamente sulla caccia e di conseguenza sulla carne, limitandosi magari a pochi altri alimenti come bacche o altri frutti raccolti.
Successivamente con l’introduzione dell’allevamento prima e dell’agricoltura poi, sono stati introdotti i latticini e i cereali. In questo arco di tempo l’incidenza delle malattie si è mantenuta pressoché costante, senza particolari variazioni.
Le variazioni si cominciano ad avere con lo zucchero prima e successivamente con gli oli vegetali e per ultimi gli alimenti trattati, con un vero e proprio “boom” di malattie come le malattie cardiache o l’obesità.

Il progresso di tecniche industriali avanzate, le continue esigenze economico-sociali, la forte mentalità consumistica del mondo occidentale hanno portato allo sviluppo di alimenti trattati con diverse sostanze chimiche, cioè tutti quegli alimenti che hanno subito variazioni o aggiunte (naturali o artificiale) per diversi fini: conservanti, coloranti, antiossidanti, dolcificanti, emulsionanti, addensanti, emulsionanti e tanti altri ancora.
Ovviamente sono presenti applicazioni positive come la possibilità di conservare per lungo tempo verdure o carne, oppure come nel caso della pastorizzazione del latte, fondamentale per evitare il rischio di malattie (come da vettore cibo).

Gli alimenti trattati spesso non sono conosciuti come tali, data la loro ormai profonda distribuzione nella nostra alimentazione e non esiste neanche un adeguata informazione su di essi.
I fast food, che sono l’estrema conseguenza di questo settore e forse anche l’emblema del nostro tempo, fanno parte di questa categoria, specialmente per quanto riguarda la carne trattata (hamburger, hotdog, ecc.).
Infine i cibi spazzatura (“junk food”) sono alimenti che contengono piccole quantità di nutrimento, dato che sono costituiti da grassi idrogenati, conservanti, farina processata (come i dolci al supermercato, i cibi in scatola, ciambelle, ecc.).

Nel corso degli ultimi anni studi acclarati hanno continuato a confermare come sia rilevante l’incidenza di questi cibi su malattie come il cancro, il diabete o le malattie cardiovascolari (specialmente per quanto riguarda la carne processata).

I conservanti nocivi, come l’acido benzoico, l’anidride solforosa e i derivati fenolici possono provocare numerose malattie come l’asma, la nausea , la diarrea fino ad arrivare al cancro. Ai patè, i rivestimenti di gelatina dei prodotti a base di carne, alla frutta in guscio ricoperta  vengono addizionati i PHB (esteri dell'acido p-Idrossibenzoico), che sono vietati in alcuni paesi.

Anche per quanto riguarda gli antiossidanti esistono molte controversie: mentre alcuni come l’alfa-carotene sono salutari, altri come i BHT i BHA (idrossitoluene butilato e  butilidrossianisolo) sono molto dibattuti, essendo stati fatti studi su animali che ne confermano la pericolosità per l’uomo. In molti paesi sono vietati dato che possono causare iperattività, tumori e cancro.

Stesso discorso vale anche per i coloranti e i dolcificanti per la presenza di agenti cancerogeni che potrebbero aumentare il rischio di subire la malattia. Il colorante rosso, il ciclammato, la saccarina o l'aspartame sono tutte sostanze cancerogene di cui ci nutriamo tutti i giorni.

La carne processata oltre a presentare questi addittivi (conservanti, antiossidanti ecc.) presentano anche un tasso altissimo di sali e grassi insaturi. Questi ultimi due sono letali per quanto riguarda le malattie cardiovascolari in genere (anche se recentissimi studi tendono ad affermare che non siano particolarmente influenti). Un eccessivo consumo di grassi può portare ad un aumento di colesterolemia o allo sviluppo dell’obesità (altre piaghe del nostro tempo). Il grasso accumulato nelle pareti arteriose può portare all’aterosclerosi, cioè più o meno totale chiusura della parete arteriosa, impedendo un normale flusso di sangue. Questa è la causa principale delle malattie cardiovascolari in genere e specialmente delle due più diffuse: l’ischemia cerebrale (ictus) e l’infarto del miocardio.
Inoltre una dieta ricca di grassi (o proteine) aumenta la formazione di radicali liberi, causa principale dell’invecchiamento e fattore di rischio per  altre patologie (aterosclerosi, morbi di Alzheimer e Parkinson).

La grande quantità di carboidrati nei cibi industriali aumenta anche le percentuali del diabete, che può essere esso stesso causa di morte o può sviluppare a sua volta altre malattie come il cancro (cibi ipercalorici).

Ultima osservazione sono le differenze delle malattie maggiormente presente nelle varie nazione del mondo. Nei paesi più sviluppati si tratta sempre di quelle di cui abbiamo parlato, mentre nei paesi in via di sviluppo, com’è facilmente intuibile sono diffuse altre malattie come le patologie respiratorie, l’HIV, la malaria. Questa è un ulteriore prova di quanto sia sbagliato il sistema occidentale, che però continua a dettare legge e ad essere esportato senza che si pensi alle conseguenze che ha avuto che continuerà ad avere.

 

 

Il cibo come rimedio naturale

Abbiamo visto come il cibo possa essere causa diretta o indiretta di numerose malattie. Tuttavia è anche vero che il cibo stesso può essere una sorta di beneficio, se ne si assume le giuste quantità. Tant'è che esiste una scienza che si occupa proprio di questo ambito, cioè degli alimenti come medicina, la nutraceutica (parola devirante da nutrizione e farmaceutica).
Esistono numerosi alimenti che possono ridurre il rischio di diverse patologie, pur non essendo elaborati industrialmente o comunque trattati nella loro struttura interna.

In questo ottica assumono un ruolo di primo piano gli alimenti antiossidanti, importantissimi per mantenere l’equilibrio sui sistemi ossidativi.
Questi  cibi di grande utilità per il nostro corpo sono meglio conosciuti come “superfoods” nel caso di alimenti totalmente naturali; piuttosto simili sono anche i “functional foods”, cioè cibi arricchiti o comunque trattati con procedimenti naturali.

È importante, però, mantenere una prospettiva equilibrata ed essere consapevoli del fatto che questi cibi non rappresentano una soluzione magica ai problemi di salute, ma che possono essere un’integrazione, benefica e salutare, nell’ambito di una dieta complessivamente bilanciata e di uno stile di vita attivo.

Superfoods

Alimento Beneficio funzionale
Broccoli Sono molto ricchi di sulforafano,un antiossidante che riduce notevolmente il rischio di cancro, specialemente del polmone, stomaco, colon e retto. I fitonutrienti presenti aiutano a disontissicarsi dagli agenti cancerogeni; inoltre hanno anche un effetto anti-infiammatorio
Zucca È una delle migliori fonti di carotenoidi, antiossidanti che riducono il rischio di cancro. In particolare le zucche sono molto ricche di alfa-carotene (responsabili anche del suo colore), molto indicato per malattie come la cataratta (o comunque delle malattie della vista in generale).
Mirtilli Sono ricchi di antocianidina, composto che aiuta la protezione del cuore e che inibisce in parte la crescita di cellule cancerogene. Numerosi studi affermano, inoltre che l' antocianidina potrebbe proteggere da malattie neurodegenerative come i morbi di Alzheimer e di Parkinson; possono anche rallentare o fermare del tutto la perdita di memoria con l'età.
Pesce Sono presenti acidi grassi essenziali, in particolare dell'omega-3, che diminuiscono il rischio di attacchi cardiachi, ictus e malattie legate alle arterie coronarie. Hanno inoltre effetti immunitari e antinfiammatori, riducono il rischio del cancro al colon e alleviano i sintomi dell'artrite e altri reumatismi.
Spinaci Ricchi di luteina e beta-carotene (presente anche nelle carote), entrambi efficaci antiossidanti contro il cancro, cataratta e degenerazione maculare (retina).
Cereali Presente vitamine E, particolarmente indicata per il morbo di Parkinson
Melograno Il melograno è caratterizzato dalla presenza di sostanze benevole per l'organismo come per esempio i flavonoidi, gli antiossidanti, vari tipi di acidi, tra cui l'ellagico e il gallico, la quercitina e altri principi attivi molto benefici che gli hanno fatto meritare il nome di "frutto della medicina".
Pomodoro Molto ricco di licopene, utile alla lotta contro vari tipi di cancro. Inoltre è stato recentemente dimostrato come possa agire contro il morbo di Alzheimer (riducendo l'amiloide, uno dei responsabili dell'invecchiamento)
Curcuma Possiede proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e contro l'ipercolesterolemia. Recenti studi hanno dimostrato come la curcumina, cioè l'estratto della curcuma, agisca contro l'Alzheimer, in particolare un molecola chiamata J147, agente contro le placche di beta-amiloide.
Cannella La cannella ha funzione come medicinale nel controllo degli zuccheri nel sangue, come anti-ossidante, anti-infiammatorio e per la sua attività anti-microbica. Inoltre, è stato dimostrato che la cannella ha un effetto inibitorio sulla aggregazione della proteina TAU legata all' AD (studi a Tel Aviv, anche se ancora su topi).

Ne esistono molti altri ancora come l'uva rossa che contiene l'antiossidante resvaretrolo, la buccia del seme del plantago contiene fibre solubili che diminuiscono l'ipercolesterolomia, la soia che contiene isoflavoni per la salute delle arterie, l'aglio per le malattie cardiovascolari, la cipolla contro l'ipercolsterolemia, il kiwi per stabilizzare la pressione sanguigna, il limone contro i reumatismi e le artriti, la carota contro le affezioni intestinali, poi anche il vino rosso, il latte di capra, l'olio di fegato di merluzzo, l'olio extravergine d'oliva, ecc.

 

Functional foods

Alimento Beneficio funzionale
Latti fermentati e yogurt con colture probiotiche Miglioramento della flora microbica intestinale
Margarina, yogurt, formaggio da spalmare a base di grassi vegetali Riduzione dell'assunzione di colesterolo
Uova arrichite in acidi grassi essenziali omega-3 3 – 4 uova alla settimana possono fornire la stessa quantità di acidi grassi omega-3, secondo i livelli raccomandati per la riduzione del rischio di infarto
Cereali per la colazione arricchiti in acido folico Riduzione del rischio della nascita di bambini con spina bifida.
Pane, barrette di Muessli arricchiti in isoflavoni Riduzione del rischio di cancro e malattie cardiovascolari
Sale iodato Riduzione rischio di ipertiroidismo (gozzo)

 

 

Il ruolo della bioingegneria

Red biotechnologyRimanendo nell'ambito della prevenzione ed eventualemente cura delle malattie, la bioingegneria sta assumendo un ruolo sempre più di primo piano, come è dimostrato dai continui studi effettuati sull'argomento e dagli ingenti finanziamenti dei governi di tutto il mondo. Vi è la consapevolezza, infatti, dell'enorme potenziale do questo settore in crescita e come esso possa risolvere numerose problematiche dell'uomo.

Le "red biotechnology", cioè le biotecnologie in ambito medico, hanno già una notevole importanza, dalla penicillina di Alexander Fleming del 1928 fino ad arrivare ai moderni studi sui vaccini contro le malattie neuodegenerative. Grazie anche al continuo progresso delle tecniche ingegneristico-informatiche, abbinate alle brillanti ricerche compiute per tutto il mondo, vi è stato un effettivo riscontro sul campo, con numerose malattie debellate o comunque un'efficace prevenzione. Importante in questo campo, è la tecnica del DNA ricombinante, dove si inserisce un segmento di DNA all'interno di un 'organismo ospite permettendo la combinazione di geni provenienti da specie molto distanti tra loro. Si deve la sua importanza al fatto dell'inserimento di un gene d'interesse dentro un organismo ospite, fatto poi crescere in un fermentatore industriale per produrre la proteina.

Oltre alla produzione di farmaci e vaccini le biotecnologie agiscono in numerose altre vie: ad esempio l'uso di cellule staminali (contro il cancro e certe malattie respiratorie), poi xenotrapianti, terapia genica e la diagnostica di numerose malattie (come la sindrome di Down).

Insulina e altri farmaci biotecnologici

La produzione di medicinali biotecnologi ricopre un ruolo molto importante nel settore farmaceutico e in generale nel settore medico. Basti pensare che il 20% dei farmaci in circolazione sono biotecnologi e che il 40% delle molecole in sperimentazione clinica sono derivati da biotecnologie, per un giro d'affari di circa 70 miliardi di dollari. Tutto questo nonostante al consapevolezza dei rischi presenti che comporta anche controlli molto più severe rispetto ai farmaci tradizionali. Scendendo nei particolari i maggiori campi di ricerca sono gli ormoni poliptedici, i prodotti del sangue (coinvolti nella sua coagulazione), i farmaci antinfettivi e antitumorali, gli immunomodulatori e i vaccini.

Il primo importantissimo passo in avanti si è avuto con la produzione di insulina trasngenica contro il diabete, a partire dal 1982, dato che l'estratto dal maiale comportava qualche problema (non essendo esattamento uguale a quella umana).

Il risultato è un plasmide ricombinante che viene inserito in un batterio e se le condizioni ambientali
sono buone, il batterio preleverà il DNA plasmidico.

A questo punto i batteri vengono messi in grandi serbatoi insieme ad una soluzione nutritiva e in condizioni ambientali idonee alla loro crescita. Queste cellule rilasciano l 'insulina prodotta nella soluzione nutritiva, da cui l'insulina deve essere poi esclusivamente estratta. L'insulina ottenuta è molto pura e con una struttura identica a quella umana.

Un'altra categoria in forte espansione è quella degli ormoni polipeptidici, che in natura controllano il metabolismo: ad esempio gli ormoni per la crescita (in particolare l'Humatrope) o il controllo della produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo.

Importantissimi sono anche gli immunomodulatori e antitumorali, per combattere le varie specie di cancro e le patologie immunitarie. Impossibile non nominare a questo proposito l'interferone α, usato nel trattamento del cancro al rene, melanoma ed alcune forme di linfoma e leucemie; oltre al Transtuzumab contro il carcinoma mammario di prestazioni davvero eccelenti.

Vaccini

VacciniUn capitolo a parte meritano i vaccini, per cui vengono attuate metodologie di base differenti, pur prestando sempre fede alle tecniche del DNA ricombinante. La maggior parte dei vaccini è stata allestita clonando inuna celluca procariota o eucariota il gene del microrganismo che codifica per la principale proteina immunogena, cioè quella proteina che nell'ospite porta alla produzione di anticorpi in grandi quantità.

Esistono vari tipi di vaccini in circolazione, anche con strutture diverse (se microrganismi uccisi o vivi e attunuati) in base anche all'organismo utilizzato: i principali sono i vaccini virali e quelli batterici.

Contro l'epatite B, un grosso problema sanitario che causa oltre alla cirrosi epatica anche il cancro al fegato, è stato messo a punto un vaccino a virus a DNA (contenente antigeni assocaiti al guscio proteico). Il gene virale è stato clonato in un vettore e quindi trasferito ed epresso in un lievito: l'antigene prodotto presenta tutte le caratteristiche della proteina nativa, e insieme ad un adiuvante può essere utilizzata per provocare una risposta immunitaria.

Di rilevanza anche i vaccini contro la meningite batterica (grazie al quale è praticamente scomparsa in alcuni paesi) e il vaccino antipertosse, ottenuto da un ceppo di Bordatella Pertussis (responsabile della malattia) che produce una tossina della pertosse del tutto identica ma assolutamente innocua: la tossina mutata, prodotta in laboratiorio su larga scala, viene purificata e impiegata come vaccino.

Ma i vaccini possono essere anche microrganismi vivi, ricombinanti: si tratta di batteri o virus modificati geneticamente, rendendoli innocui nel caso di organismi virulenti, o resi tali nel caso di organismo non patogeni. È il caso di molti virus (epatite B,H, Simplex, Influenza Virus) i cui geni sono stati incorporati nel genoma del Vaccinia Virus (finora provati solo sul coniglio). Oppure del batterio Vibrio Cholerae che pur dopo averlo privato della capacità di produrre l'enterotossina attiva, rimane in grado di indurre immunità.

Da considerare infine, anche se non con la stessa efficacia dei precedenti, RV 144 un vaccino contro l'HIV, ottenuto dalla fusione di altri due vaccini poco potenti. I risultati ottenuti non sono stati eccezionali, però qualche miglioramento si è avuto e stanno proseguendo le ricerche per trovare nuove soluzioni.

Data l'importanza dei vaccini contro numerose patologie e della loro prevenzione, è stato introdotta ormai da molti anni l'idea di integrarli con gli alimenti (cibi vaccino).

 

 

Contro l'Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una delle malattie neurodegenerative più diffuse, specialmente dopo i 65 anni, che colpisce il cervello e quindi la memoria, la capacità di pensare e l'esecuzioni di attività normali. Ad oggi non se ne conoscono ancora esattamente le cause, anche se la dieta, l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, il diabete o il fumo possono essere fattori di rischio (oltre alla trasmissione eriditario in qualche caso).

La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla betamiloide, una proteina che depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". Quest'ultime si formano con l'iperfosforilazione della proteina tau, che provoca l'appaiamento con altre unità tau, creando appunto ammassi neurofibrillari (chiamati NFTs). Un ruolo importante nell'aggregazione delle placche di beta-amiloide è della presenza di alcuni metalli, specialmente lo zinco (ma anche il rame, e in misura minore il ferro): dopo il pancreas, il cervello è l' organo in cui se ne trova la maggior concentrazione, soprattutto nelle aree cerebrali associative, quelle che ci permettono di pensare e ragionare che svolgono un ruolo fondamentale nella formazione delle placche. Studi compiuti anche da altri centri di ricerca hanno confermato la difficoltà dell'organismo a mantenere costante i livelli di zinco con l'età; inoltre più lo stadio dell'Alzheimer è avanzato e minore è la capacità di distribuirlo equamente (concentrazione troppo bassa o troppo alta).

Queste placche (senili o amiloidi e ammassi neurofibrillari) impediscono al neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e causando la morte dello stesso, con conseguente atrofia progressiva del cervello stesso.

Abbiamo già visto alcuni rimedi naturali presenti in numerosi alimenti come i superfoods (in particolare la curcuma e la cannella), ora esamineremeo i farmaci artificiali, creati con tecniche di DNA ricombinante o comunque prelevati e modificati.

PBT-2

Uno studio effettuato in un centro australiano, Prana Biotechnology, ha effettuato numerosi studi per trovare una soluzione alla patologia. L'idea base non è ridurre i livelli della proteina beta-amiloide, ma impedire la formazione Clioquinoldelle placche fernabdi le reazioni tra la proteina e lo zinco e rame naturalmente presente nel cervello. Ci si è focalizzati dunque sui Metal Protein Attenuating Compounds (MPACs), cioè dei composti che inibiscono la formazione di placche. Inoltre questi composti possono essere usati anche per altre malattie degenerative come il morbo di Parkinson o la malattia di Huntington.

Il primo farmaco di questo tipo è stato il Clioquinol, o PBT-1 (figura a fianco) che presentava però numerosi effetti collaterali, avendo effetti neurotossici. Esso inibisce alcuni enzimi resnsabili della duplicazione del DNA, evitando dunque la formazione elle placche e agisce come chelante degli atomi di zinco rendendoli inutilizzabili.

Recentemente, invece, è stato messo a punto un'altro farmaco chiamato PBT-2 che si lega direttamente allo zinco, e portando ad una sua migliore distribuzione nel cervello. Questo è dovuto alle sue proprietà ionofore, cioè di legarsi ad atomi metallici e trasportarli attraverso le membrane cellulari.

Gli studi si sono limitati sui gatti, ottenendo risultati eccellenti con una significativa riduzione delle placche di beta-amiloide e di ammassi nuerofibrillari. Attualmente sono in corso prove su pazienti di Alzheimer e si attendono risultati, ma le impressioni restano piuttosto positive, anche in ottica futura, quando si svilupperà ulteriormente.

(1-11)E2

Un'altro recente (febbraio 2012) e importantissimo studio è stato effettuato in italia, precisamente a Napoli tra l'Istituto di genetica e biofisica (Igb) e l'Istituto di biochimica delle proteine (Ibp): i resposabili di questo studio sono Antonella Prisco all'Igb e Piergiuseppe De Berardinis all'Ibp. L'obiettivo era di creare un vaccino capace di innescare un'efficace risposta immunitaria contro lo sviluppo del peptide beta-amiloide, sapendo che esistono numerosi problemi legati agli effetti collaterali.

La molecola ottenuta, chiamata, (1-11)E2 è un vaccino di ultima generazione e consiste in una proteina chimerica, ottenuta cioe' dalla fusione di due proteine diverse: un piccolo frammento del peptide beta-amiloide, coinvolto nell'Alzheimer, unito con una proteina batterica. La sostanza e' capace, in provetta, di auto-assemblarsi formando una struttura simile a un virus per forma e dimensioni, provocando così una reazione immunitaria e polarizzandola verso la produzione di una citochina anti-infiammatoria, l'interleuchina-4, che si lega al peptide favorendone l'eliminazione.

I passi successivi saranno la conferma dell'efficacia sull'organismo umano, oltre alla ricerca sui 'carrier', molecole o micro-organismi utili a convogliare la risposta immunitaria sui bersagli desiderati.

 

I cibi vaccino

I vaccini hanno avuto un ruolo straordinario nel debellare numerose malattie nel corso degli anni, sin dalle loro prime apparizioni, come nel caso del viaiolo a fine '700, fino ad arrivare al successo contro la polio negli ultimi decenni.

Tuttavia continuano a sussistere numerosi problemi legati all'impossibilità di assumere i vaccini in diverse zone del globo, specialmente nelle zone più povere. A più del 25% dei bambini nel mondo mancano i principali vaccini, esponendoli a malattie letali come la difterite, la pertosse, la poliomelite, il morbillo, il tetano e la tubercolosi. Si tratta di malattie che nel mondo occidentale e sviluppato sono ormai un lontano ricordo ma che nei paesi in via di sviluppo e sottosviluppati rappresentano ancora un flagello ancora da sconfiggere, data l'assenza Edible Vaccinesdell'immunizzazione o il suo costo troppo elevato. Inoltre è una situazione che non riguarda solamente le zone a cui mancano le misure sanitarie ma il mondo intero dato che ,anche a causa della globalizzazione, malattie scomparse da tempo possono ritornare prepotentemente in ribalta.

Una delle possibile soluzioni a questi problemi potrebbe essere l'introduzione dei cibi vaccino, cioè alimenti (vegetali per la maggior parte) contenenti al loro interno gli anticorpi necessari a provocare la risposta immunitaria. Un idea del genere viene già applicata attulmente, anche se non si tratta di un vero e proprio vaccino: per combattere l'ipertiroidismo (gozzo) dovuto principalmente ad una carenza di iodio, già da molti anni si produce quasi esclusivamente sale iodato (recentemente si pensa di aggiungerlo anche al pomodoro); oppure il famoso golden rice, riso dorato,per combattere la carenza di beta-carotene.

I vantaggi di un'innovazione del genere sono enormi, come già aveva intuito nei primi anni '90 Charles J. Arntzen alla Texas A&M University, dove si stavano compiendo studi sull'argomento. Le piante vaccino potrebbero essere coltivate localmente, evitando anche problemi logistici , ed essere disponibili su larga scala, riducendo i costi. Inoltre non richiederebbero assistenza medica (non sempre disponibile) ed eviterebbero problemi di carattere infettivo legati alla contaminazione delle siringhe. Senza considerare che non sarebbe più necessario la purificazione delle proteine (molto costosa) e il mantenimento dei batteri refrigerandoli.

Come funzionano

Quando un organismo estraneo attacca il nostro corpo, si innesca la risposta immunitaria con l'afflusso di linfociti T (che attivano a loro volta i macrofagi che inglobano i resti attaccati dell'agente patogeno) e linfociti B (richiamati dai linfociti T helper e con i propri anticorpi). Con il tempo la risposta si affievolisce, ma alcuni particolari linfociti B ("memory" cells) rimangono sempre in allerta, in modo che in caso di secondo attacco l'organismo si faccia trovare pronto.

I vaccini sfruttano questi comportamenti per indurre l'organismo a produrre gli anticorpi in caso di infezione futura da parte di una malattia. La metodologia classica si basa su vaccini a sub-unità, cioè composti da proteine antigeniche private dai geni patogeni. Dato che richiedono culture batteriche e conservati refreigerati, i costi sono piuttosto elevati e non accessibili a tutti.

Metodo A.Tumefaciens

Una volta introdotto l'antigene il frutto della pianta conterrà i geni nel DNA che codificano per gli antigeni e che potranno agire una volta ingeriti.

Funzionamento vaccini

Vaccini studiati

Le difficoltà incontrare nel corso delle ricerche sono molteplici, in quanto ci si deve focalizzare su piante che possano essere disponibili a basso costo e che non facciano perdere all'antigene la sua efficacia. Inoltre bisogna anche considerare la cottura che potrebbe distruggere gli antigeni (anche se le ultime ricerche si stanno orientando su vaccini contro il calore), e dunque alimenti che possano essere mangiati crudi.

I primi studi sono stati effettuati sulla pianta del tabacco, con la riuscita produzione di antigeni dell'epatite B. Poi si è proseguiti con le arachidi contro la peste bovina (Rinderpest), la papaya contro la cisticercosi (infezione parassitaria del sistema nervoso), le patate per il rotavirus (vomito e diarrea) e il riso contro l'ulcera gastrointestinale.

Per quanto riguarda l'epatite B (che causa un milione di morti all'anno) esiste un vaccino per contrastarla, ma nelle zone povere è poco diffusa dati gli elevati costi e la necessità di personale medico. Le banane potrebbero essere un'ottima soluzione, data la loro diffusione e relativo poco costo (con il metodo A. Tumefaciens).

PomodoriLa malaria è un'altra malattia che flagella la popolazione mondiale con più di 3 milioni di morti all'anno, con la maggior parte sotto i 5 anni. Si tratta di una malattia che necessità di al minimo 10 antigeni diversi, dunque diverse vaccinazioni: si può facilmente immaginare quanto possa essere difficile e costoso schedare 3/4 vaccinazioni per oltre 2 miliardi di persone. Per questo i pomodori possono essere dei buoni vaccini, in quanto variano in forma, dimensioni, colore e quindi facilmente distinguibili con un vaccino per ogni tipo (il metodo usato è il gene gun).

Uno studio coreano presso il Korea Research Institute of Bioscience and Biotechnology sta studiando un progetto di pomodoro vaccino contro l'Alzheimer: sempre mediante il metodo biolistico, verebbe introdotto al suo interno il gene della proteina beta-amiloide. Si pensa che si possa irrobustire il sistema immunitario, come è stato provato con successo sui topi.

Sfide

Esistono ancora numerosi problemi legati ai cibi vaccino, con numerose questioni ancora da risolvere. Una di queste è il giusto dosaggio del vaccino: risulta difficile fornire esattamente l'esatta quantità di antigeni necessari, anche perchè bisogna considerare numerosi fattori come l'età, il sesso o l'altezza. Una dose troppo bassa non riuscirebbe ad attivare la risposta immunitaria e una risposta troppo alta potrebbe causare intolleranza.

Inoltre bisogna anche considerare l'autoimmunità, specialmente per quanto riguarda i diabetici . Per evitarla una soluzione potrebbe essere sempre con i cibi vaccino, ingerendo autoantigeni che attivano i sopressori evitando l'attacco alle cellule del pancreas.

Tralasciando l'aspetto prettamente scientifico, da non dimenticare che non sempre si riesce a trovare i finanziamenti per questo genere di progetti dalle multinazionali alimentari e farmaceutiche. Inoltre per molti vaccini come la difterite o il tetano il costo si è talmente abbassato che non si vede più la necessità di introdurre cibi vaccino.

Tuttavia, nonostante tutto, le ricerche su questo campo continuano e fra pochi anni potrebbero trovare un riscontro reale nel mercato nutraceutico, dato che le potenzialità dell'idea sono enormi e potrebbe rappresentare una definitiva soluzione al problema sanitario nelle zone sottosviluppate.

 

Tiriamo le somme

Ora che abbiamo osservato ogni aspetto relativo al problema alimentare globale, alla situazione dell'agricoltura mondiale, alle più moderne biotecnologie e ai rischi a cui l'alimentazione ci espone, possiamo fare alcune considerazioni sul futuro.

Per prima cosa soffermiamoci sull'attuale trend: l'inarrestabile aumento demografico nei paesi in via di sviluppo costringe l'agricoltura mondiale ad un sempre maggiore sforzo per soddisfare la richiesta di cibo; questo comporta un ulteriore impoverimento dei suoli già ipersfruttati prima del recente boom economico, un eccessivo utilizzo di prodotti chimici per aumentare artificialmente la produttività dei terreni oltre il loro limite naturale ed un continuo ampliamento delle aree agricole, in particolare nelle zone tropicali, a discapito di foreste equatoriali. Sembra quindi che, a meno di un ulteriore aumento di produttività, siamo vicini al limite di produzione oltre il quale non sarà più possibile un aumento di popolazione. Se questo è vero, saremo in grado di arrestare la crescita o dovremo ridurre drasticamente le nostre aspettative in fatto di sostentamento? O forse la strada è un'altra? In vista di questo futuro di delicata convivenza globale non è la produzione a dover aumentare, ma sono i consumi a dover equilibrarsi, adattandosi ad un mondo in cui non sarà più ammissibile un tale spreco di risorse. Se il numero di persone sovrappeso al mondo ha superato quello di persone che non hanno una sufficiente disponibilità di cibo, ciò significa che anche in questo momento la quantità di cibo sarebbe adeguata a soddisfare la richiesta di cibo di tutti.

Ma dato che come già osservato, il sostentamento nei paesi in via di sviluppo è raggiunto con produzioni industriali di massa, che aumentano l'obesità e le malattie attraverso il consumo forzato degli unici alimenti che la popolazione si può permettere, diventa immediatamente chiaro che è comunque necessario un cambiamento. Le risorse vanno utilizzate a livello locale consentendo un'adeguata distribuzione della popolazione. Le colture devono essere utilizzate unicamente per la produzione di cibo perché la mancanza di cibo è il problema principale. Nei paesi consumatori devono essere eliminati gli sprechi e deve essere ridotto il consumo di quei prodotti troppo onerosi dal punto di vista ambientale come la carne.

Questo adeguamento del sistema globale sarà la soluzione ai problemi elencati compresa la salubrità degli alimenti, che trarrà beneficio dal minor utilizzo di sostanze chimiche. Tutto questo nell'ottica di uno sviluppo delle biotecnologie che, diventando sicure e vantaggiose, ci consentiranno di stare al passo con la dinamica demografica, offrendoci una migliore alimentazione, una maggiore e distribuita sicurezza alimentare e una soluzione alle malattie derivate dall'alimentazione. Il problema alimentare è un problema che abbiamo creato e che risolveremo.

A prova di quanto il problema alimentare sia da tempo preso in considerazione come un grave rischio per l'umanità e  di quanto la sua soluzione sia evidente, proponiamo un testo di Isaac Asimov.