Liceo Torricelli

Curiosità di archivio

 

Curiosità di archivio

I Ginnasio 1934-35
La IB Ginnasio 1934-35 col preside Socrate Topi

Le alunne e le insegnanti

Il 10 gennaio 1883 il Ministro chiede: "quante fanciulle sieno state iscritte negli anni scorsi e quante iscritte in quest’anno a codesto istituto; quante sostennero esami e vi si distinsero".
Ma la maggiore preoccupazione del Ministro sembra essere "se, e quante abbiano dato motivi di lagnanza alla Direzione dell’istituto per ragioni di simpatia da parte dei condiscepoli ed anche dei professori".
Il preside risponde "nessuna essersi iscritta nel passato, né ora"

La prima alunna della scuola verrà tre anni dopo. Elvira Pasi proveniva dal Ginnasio comunale di Lugo dove "diede sicura prova di molta svegliatezza di ingegno e di mirabile amore per lo studio" (lettera del 28-6-86)

Dal 1910 circa , avendo le alunne raggiunto il numero di 10, fu assunta una persona con l’incarico specifico di "sorvegliante delle alunne". Dopo la prima guerra mondiale, la componente femminile diventa più numerosa, sia fra gli alunni che fra gli insegnanti.

Nel 1930 il loro numero raggiunge la cinquantina. Il preside Socrate Topi chiede al Comune che si apra l’ingresso di via Ughi "il quale essendo prossimo allo spogliatoio delle bambine si presta quanto mai all’entrata ed all’uscita di esse lontano da ogni contatto coi maschi." (8-10-1934 / XII)

Nelle relazioni annuali del preside Topi, sono sempre presenti informazioni sul comportamento delle alunne. Esse risultano "docili al segno di portare spontaneamente il grembiule oltre il ginocchio" (1926-27); "ritegnose sì ma senza ostentazione di musoneria" (1927-28). Però, il loro spogliatoio è "troppo garrulo e sonante di voci non mai fioche e sempre alte" (1930-31).
Si precisa inoltre che "le alunne escono a parte tutte insieme incolonnate, quando gli alunni sono completamente usciti dall’istituto" (1928-29) "in un’unica squadra sotto la guida del vicepreside" (1931-32).

Le alunne vengono di solito inserite in classi miste. "Non ha mai dato luogo ad inconvenienti la promiscuità dei sessi. Dirò anzi che ha cresciuto sentimenti rispettosi e serenamente festosi." (relazione 1929-30). Ma dopo il 1933-34 ci si dovrà adeguare ad una disposizione ministeriale che imporrà la costituzione di sezioni distinte per maschi e femmine e richiamerà i Presidi a "prevenire i pericoli della coeducazione". La foto rappresenta una delle ultime classi miste.

Circolare riservata del ministro Fedele "sulla tenuta delle insegnanti" (1927): "Reputo sia opportuno consigliare alle insegnanti di ogni ordine di presentarsi agli alunni, nelle classi, vestite con quella dignitosa modestia che appar più degna del severo ufficio ad esse affidato. Credo anzi che sia conveniente che le insegnanti indossino nelle classi una lunga vestaglia, chiusa al collo ed ai polsi, come si richiede generalmente dalle Alunne dei nostri Istituti. Del resto non dubito che fuori e dentro della Scuola le insegnanti vorranno dare esempio di quella compostezza nel vestire che è conforme alla nobiltà della loro missione". Cliccare per credere!

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Strani bidelli

Caruso, il sovversivo
1875. Segnalazione del Sotto Prefetto di Faenza al preside: "Mi risulta che il bidello del Liceo, certo Caruso, frequenta da qualche tempo persone notoriamente conosciute per ascritte alla Setta dell’Internazionale e, quel che è più, si faccia esso stesso propagatore dei principi i più sovversivi dell'ordine sociale fra i giovanotti che, per ragione del suo ufficio, ha occasione di frequentare."
Cosimo Caruso era stato trasferito da Palermo a Faenza: legittimo sospettare che un trasferimento del genere avesse carattere punitivo.

Pucci, L’ubriacone
1887. Appena giunto a Faenza, il bidello Giovanni Pucci si segnala per una serie di episodi di ubriachezza molesta e disturbo della quiete pubblica. Il preside riceve segnalazioni sia dalla Pubblica Sicurezza che dal Provveditorato. Ben presto il Pucci sarà trasferito.
"Consta infatti a quest'ufficio che il Pucci oltre ad incontrar debiti si ubbriaca continuamente e quando trovasi alterato dalle bevande alcooliche insulta provoca e minaccia quanti hanno la sfortuna d'incontrarlo, ed ultimamente poche settimane or sono è stato causa di una scena disgustosa avvenuta verso la mezzanotte in uno dei caffè principali di questa Città"
(lettera confidenziale del sottoprefetto di Faenza al preside, 4 marzo 1887)
Questo bidello era figlio del procuratore della Repubblica di Rieti. Veniva da Bari; anche là il suo comportamento non era stato irreprensibile  ed il trasferimento a Faenza era stato una punizione.  Rimarrà pochi mesi.

Motroni, l’infido sobillatore
1889. Moretti, bidello del ginnasio scrive al preside: "Motroni, bidello del liceo, va dicendo che sono un furfante, un farabutto, un birichino ed una spia. E con tali contumelie affatto immeritate cerca di eccitare contro di me l’odio degli alunni"
In una lettera riservata, il preside del Liceo di Ascoli, rispondendo al nostro preside che gli richiedeva notizie, così aveva descritto il Motroni: "Quel non so che di misterioso e tenebroso di cui si circonda, quello stesso fare mellifluo che a volte appare e che fa brutto contrasto con l’aria truce che gli spira dal volto, tutto ciò lo palesa uomo infinto e ingenera un cotal senso di ripulsione" (20-10-1888). Notare la profusione di manzonismi.
Giovanni Motroni, era stato trasferito da Firenze a Potenza, da Potenza ad Ascoli, da Ascoli a Faenza. Anche questi trasferimenti avevano certamente un carattere punitivo. Non è facile capire perché così spesso finissero a Faenza i bidelli meritevoli di punizione.

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I temi del cavalier Flaminio

Si sono conservate le minute delle lettere con cui il preside Flaminio Del Seppia comunicava al Provveditorato i temi di italiano assegnati per l'esame di licenza ginnasiale.
Per ogni sessione di esame, venivano preparati tre temi; uno solo, estratto a sorte, doveva essere svolto da tutti i candidati.

Luglio 1894: (fu scelto il primo)
1. La migliore vendetta è il perdono
2. La casa di ricovero
3. Le male azioni, non la povertà disonorano l'uomo

Luglio 1895: (fu scelto il terzo)
1. Il ricordo più naturale della mia giovinezza
2. La vecchiaia è veneranda ad ogni anima gentile
3. A chi sa non manca nulla

Luglio 1896: (fu scelto il secondo)
1. Di notte, in un antica (sic) cappella ove dal volgo si dice che abitino gli spiriti
2. Buon uso delle ricchezze. Come usereste delle vostre ricchezze, se foste ricchi?
3. Un vecchio e povero pescatore seduto sulla riva del mare pensa al figlio annegato, e narra il suo dolore a un giovane che lo conforta di parole e di denaro

Luglio 1897: (fu scelto il primo)
1. Vuoi provare un sentimento tenero e delizioso? Rasciuga le lagrime altrui con la tua pezzuola
2. Uno sguardo al vostro avvenire
3. Impressioni provate scorrendo le pagine di un album di ritratti. Quei muti volti ricordano gioie e tristezze; fanno pensare alla mutata condizione di amici cari ecc.

Luglio 1898: (fu scelto il secondo)
1. Guardando il ritratto del padre morto combattendo per la libertà della patria
2. Torna il sole.....tornano le stelle.....torna la primavera.....ma Essa non torna! Pensieri di un'orfanella
3. Un vecchio e povero pescatore seduto sulla riva del mare pensa al figlio annegato, e narra il suo dolore a un giovane che lo conforta di parole e di denaro

Ottobre 1898: (fu scelto il secondo)
1. Guardando il ritratto del padre morto combattendo per la libertà della patria
2. Quel ricco cittadino è un vero benefattore per il suo paese! Quanti conforti nella sventura se il suo esempio fosse imitato
3. Quante care memorie serbo del mio buon nonno!

Luglio 1899: (fu scelto il terzo)
1. La campana. Vivos voco, mortuos plango, fulgura frango
2. Incidenti di viaggio
3. Sul sagrato della chiesa del villaggio in giorno festivo

Ottobre 1899: (fu scelto il primo)
1. La campana. Vivos voco, mortuos plango, fulgura frango
2. Un cimitero campestre (descrizioni, impressioni, considerazioni)
3. Elogio di un uomo dabbene, a cui ben si addicono le parole del Giordani: Lasciar lutto e desiderio di sé è premio dato solamente alla conosciuta bontà

Luglio 1900: (fu scelto il terzo)
1. Le male azioni, non la povertà, disonorano l'uomo
2. Guardando il ritratto del padre morto combattendo per la libertà della patria
3. Alla vigilia degli esami: riflessioni di uno scolaro

Ottobre 1900: (fu scelto il secondo)
1. Povero compagno, non ti rivedremo più!
2. In casa di ricovero
3. Ogni giorno s'impara qualche cosa

Luglio 1901: (fu scelto il primo)
1. La biblioteca. Sulla porta è scritto: qui i morti aprono gli occhi ai viventi. Ma su alcuna si potrebbe scrivere: qui nessuno turba la quiete dei morti
2. I benefizi ammansiscono le fiere, ma raramente maturano gli animi dei malvagi
3. Narra Q.Rufo che Alessandro Magno, riconoscente al suo maestro, diceva: al padre mio vo debitore della vita, ma al mio precettore di ben vivere. Si commenti la sentenza del grande guerriero

Ottobre1901: (fu scelto il primo)
1. La vera nobiltà (un giovanetto di nobile famiglia ostenta il pregio di nascita. Il maestro gli ricorda il detto del padre del D'Azeglio: sarai nobile, se sarai virtuoso
2. I benefizi ammansiscono le fiere, ma raramente maturano gli animi dei malvagi
3. Narra Q.Rufo che Alessandro Magno, riconoscente al suo maestro, diceva: al padre mio vo debitore della vita, ma al mio precettore di ben vivere. Si commenti la sentenza del grande guerriero

Dicembre 1901: (fu scelto il secondo)
1. Ha mutato vita. Fu una lettura, un consiglio, un dolore?
2. Con tutte le sostanze che si scialano all'impazzata, quanti felici si potrebbero fare a questo mondo!
3. L'inganno ricade quasi sempre sull'ingannatore. Racconta.

Luglio 1902: (fu scelto il secondo)
1. Come passa il giorno quello sfaccendato?!
2. Castelli in aria. Pensieri e capricci in un momento d'ozio
3. E se non fossi licenziato!

Ottobre 1902: (fu scelto il terzo)
1. E se non fossi licenziato!
2. La virtù oppressa trova conforto in se stessa e alla fine trionfa
3. La visita ad un ospedale

Dicembre1902: (fu scelto il terzo)
1. Una classe ginnasiale nella palestra ginnastica
2. Avventure comiche di un villano che fa il suo primo viaggio in ferrovia nell'occasione di un pellegrinaggio a Roma
3. Un contadino rozzo e selvatico va per la prima volta in una grande città

Luglio 1903: (fu scelto il secondo)
1. Domani farò....
2. Attività e lavoro
3. L'ozio avvilisce e il lavoro nobilita

Ottobre 1903: (fu scelto il primo)
1. La cadute delle foglie. Riflessioni e propositi
2. Viaggiando avete trovato un taccuino di memorie. Riportatene qualche brano
3. Oh! quel libro

I titoli, se non erano estratti, potevano essere riproposti. Ad esempio, il tema dello sfortunato pescatore, proposto nel luglio del 1896, non fu estratto, ma doveva piacere molto a Del Seppia che lo ripropose nel luglio 1898. Ma la sorte, confermandosi ostile al pescatore, neanche questa volta lo prescelse.
Il tema delle campane fu proposto sia a luglio che ad ottobre del 1899. La seconda volta fu estratto. L'anno successivo a sostenere l'esame fu Campana (Dino), che secondo una testimonianza avrebbe dato prova di stravaganza svolgendo in versi il tema assegnato (clicca qui per una approndimento).

Flaminio del Seppia

Flaminio del Seppia, preside del Torricelli nel 1882-83 e poi dal 1893 al 1907, prima di giungere a Faenza era stato rettore del prestigiosissimo collegio Cicognini di Prato dove aveva avuto come alunno Gabriele D'Annunzio.
Nelle Faville del Maglio, D'Annunzio ritrarrà in forme assai caricaturali il suo "paedagogus paedagogorum" e rievocherà in tante pagine, vivacissime e ricche di invenzioni verbali, i contrasti avuti con lui. Il "cefalopodo imparnassito", apparirà "piceno bizzarro ed arcigno" (qui la memoria tradisce il poeta: Del Seppia non era piceno, ma toscano) , dal "mento smisurato", "intentissimo di continuo a levarsi dal naso le mosche che sembravan saltargli di continuo dal ciuffo di pelo lasciato crescere sotto al labbro inferiore non in guisa di mosca ma di moscaio". "Nella mia immaginazione plastica vedevo la sua testa coronata di tentoni irti e impietriti, e la sua bietta infissa nella cartosa tavola rettoricale come un conio nella corteccia squammosa d'un ceppo".

A Faenza, a Del Seppia toccherà un altro allievo di eccezione: Dino Campana. Non sono rimaste testimonianze dei rapporti fra i due, ma i voti di condotta del futuro autore dei Canti Orfici lasciano supporre che non siano stati facili.
Ci è rimasto invece un giudizio di Del Seppia su un altro personaggio illustre: il giovane professore Gaetano Salvemini, il cui eccezionale valore di studioso e di insegnante non era sfuggito al paedagogus paedagogorum.

Specialmente nel primo anno di presidenza, Del Seppia affrontò a Faenza gravi problemi di disciplina. "Si era giunti a tale che gli scolari si portassero in iscuola l'occorrente per la refezione del mattino, ed in iscuola si rifocillassero persino con polli arrosto, e dessero mano al fiasco di vino né più né meno che in una bettola dell'infimo grado". I contrasti con gli studenti degenerarono al punto che il preside fu aggredito a sassate.
I colpevoli furono identificati e puniti: tre di loro furono espulsi da tutte le scuole del regno.

Suicidio di un preside

Il 14 giugno 1885 il preside Pietro Ferrando fu trovato morto per suicidio. Le cronache dell'epoca riferiscono delle solenni onoranze funebri resegli dalla scuola: tre giorni di sospensioni delle lezioni, solenne cerimonia con partecipazione di insegnanti ed alunni. Poco chiari i motivi del gesto. Il tono della corrispondenza del 1884-85 (Ferrando, torinese, era a Faenza da solo un anno) lascia intravedere un uomo poco equilibrato. Risulta che la moglie l'anno precedente avesse avuto un parto assai difficile; una lettera di gennaio parla della "gamba disgraziatissima di mia moglie". Niente che spieghi un suicidio. La tomba di Ferrando spicca ancora sulla facciata del cimitero dell'Osservanza di Faenza (portico di destra).

Vedi come riporta la notizia un giornale dell'epoca ("Il Lamone")

In una breve di cronaca della Gazzetta Piemontese il fatto è così raccontato:
"Il signor Pietro Ferrando, preside del Liceo di Faenza, era da qualche giorno assai preoccupato, e la mattina del 14 corr. se ne riveniva il cadavere nel pozzo dlla casa ove abitava. Nella notte si era alzato alle ore 2, adducendo come motivo che doveva recarsi a Bologna".

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Chi l'ha visto? (il giallo di un professore scomparso)

20 giugno 1910. Il preside Giulio Antonibon comunica al Provveditore: il prof. Giuseppe Vassura si è allontanato dal giorno prima "per urgentissimi e improrogabili ragioni di famiglia, confermatimi verbalmente dalla signora sua moglie e dal cognato" secondo i quali l'assenza si protrarrà per venti giorni.
L'assenza di Vassura si colora di giallo in una lettera del 24 giugno: il professore è scomparso, anzi fuggito. "Egli non solo non ha ancora domandato alcun congedo né regolare permesso di assentarsi in tempo di esami trimestrali e di scrutinio, ma, da quanto ormai si ripete in tutta la città, egli sarebbe riparato all'estero". Vassura insegnava fisica e chimica nel liceo; era uno studioso di valore e stava curando l'edizione critica delle opere di Evangelista Torricelli, che fu poi portata a termine da Gino Loria.

Nei mesi successivi, il dossier Vassura si ingrosserà di rapporti del preside, richieste di informazione del provveditorato e del Ministero. Secondo quanto il preside riferisce il 19 luglio: "in città corse subito la voce che egli fosse fuggito per debiti di gioco e per cambiali in pendenza: e questa voce prese credito quando si seppe che per la via di Francia egli erasi recato in America e precisamente a Buenos Aires."
Anche in altre lettere, il preside afferma che il Vassura ora è in America, ma la cosa forse non è così sicura. La Pubblica Sicurezza lo sta cercando a Firenze. Poi c'è un telegramma del Ministero (6 luglio): "Prof. Vassura presentò domanda congedo direttamente al Ministero che accordalo sino alla chiusura dei corsi." Ma la firma dell'istanza sembra contraffatta. Presumendo che essa sia stata presentata per posta, il provveditore chiede (25 ottobre): "chi fece l'istanza? chi la firmò?". Il preside risponde il giorno dopo: non avendola vista non posso dirlo, ma presumo che sia stata la moglie. La quale nel frattempo si era trasferita a Fano per scomparire a sua volta all'inizio del 1911: partita anch'essa per l'America?

A complicare le cose, un altro telegramma del Ministero (15.2.1911) ci informa che la richiesta di congedo non è stata presentata per posta: "il Vassura, assentatosi dalla sede il 21 giugno, venne a Roma per ottenere direttamente da questa autorità un congedo sino alla chiusura dei corsi". Se era in America, non poteva essere a Roma. Dov'è dunque Vassura? O, più verosimilmente: chi era dunque l'ignoto personaggio che, spacciandosi per Vassura si presentò il 21 giugno 1910 al Ministero della Pubblica Istruzione?

Il congedo era stato comunque concesso. Al congedo aveva fatto seguito il trasferimento al liceo di Fermo dove naturalmente Vassura non si era presentato (e avrebbe dovuto essere proprio il povero Antonibon a comunicare al latitante il trasferimento). Poi, la moglie di Vassura aveva chiesto per conto del marito un anno di aspettativa, che pure era stata concessa La condiscendenza, anzi "la bontà" del Ministero suscita lo stupore del preside per il quale essa desterà "non poca meraviglia fra la cittadinanza, la quale sa che il prof. Vassura fuggì dalla sede in tempo di scrutinio e di esami per ragione di debiti e vede ora quasi premiata la sua colpevole infingardaggine con grave detrimento della dignità scolastica."

Comunque, scaduta l'aspettativa, Vassura non tornò. Si era stabilito veramente a Buenos Aires. In una comunicazione del 20 aprile 1913, il nuovo preside Simonetti mostrerà di conoscere il suo nuovo indirizzo argentino. Ma perché era fuggito? La risposta è ancora nei rapporti di Antonibon ove si parla della "mala abitudine di giocare d'azzardo al club, perfino (vuolsi) con alunni o con giovani ex-discepoli" della "leggerezza nell'incontrare debiti e conseguenti protesti di cambiali" e anche della "noncuranza nel sorvegliare la moglie dopo i noti scandali di Forlì". Poiché i fatti di Forlì ora non sono più tanto noti, il giallo per noi non si è ancora chiuso.

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Primo volume delle opere di Torricelli a cura di Vassura e Loria. Faenza, 1919

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