Liceo Torricelli

Disciplina d'altri tempi

 

Disciplina d'altri tempi

I Ginnasio 1933-34
La I Ginnasio 1933-34 col preside Socrate Topi

 

Misfatti

Sassi contro il preside:
Il 16 gennaio 1883, il preside Del Seppia venne preso a sassate da alcuni studenti. Fu solo il più grave dei numerosi atti di indisciplina di quell'anno scolastico.
I responsabili dell'episodio furono individuati e solennemente puniti. Tre furono espulsi , quattro sospesi per quindici giorni ed esclusi dagli esami di prima sessione, sei esclusi soltanto dagli esami di prima sessione. Ecco una lettera al preside di uno dei tre espulsi:
Coll'animo aggravato da forte dolore io mi rivolto a lei come quegli che in parte il può lenire. La prego, non voglia comunicare la sconfortante notizia ai miei parenti e amareggiare in tal guisa chi mi porta tanto affetto, almeno fino a che presentatisi coloro che mi indussero al fallo e radunato il consiglio non abbia preso altro provvedimento. L'interna mia ambascia è già per sé sola assai pena al mio cuore. Mi affido alla bontà sua. Abbiate pertanto la mia anticipata gratitudine e sono suo umile servo. Silvio Linguerri.

L'indecente condotta di un professore
E' stato riferito a questo ufficio che il prof. Cipelletti (...) è entrato in soverchia intimità con la Signora Nerina Bianchedi vedova Lusa e con la costei figlia sposa di certo Ercole Placci, coniugi legalmente separati; che tale intimità dà luogo a pubbliche dicerie, per cui nella famiglia Placci esistono vivi risentimenti, tanto che il marito Sig.Ercole Placci ebbe un vivace incidente col prof.Cipelletti con reciproche minacce, che presso il pubblico è gravemente compromessi il decoro del Professore il quale dovrebbe perciò essere trasferito ad altra residenza. Prego la S.V. di voler assumere con la maggiore riservatezza informazioni in proposito e di comunicarmele tosto con le relative proposte.
(4 aprile 1905, lettera riservata del provveditore al preside. Effettivamente l'anno successivo il professore risulta trasferito)

Il nepotista
Da due anni siamo studenti di codesto Regio Liceo, e fin da principio ci fu fatto di notare non poche stranezze nel prof.Pietro Tassis insegnante di lettere classiche in questo R.Liceo. Malgrado che il suddetto professore nulla facesse delle sue materie, pure, e riconosciamo in ciò il nostro fallo, lo sopportammo perché ben poco pretendeva da noi. Siamo giunti ora al terzo corso e abbiamo pur dovuto notare un maggiore alteramento delle facoltà mentali del prof.Tassis.
Cominciamo col dire che, benché sussista un orario interno delle lezioni, che egli, si può dire, cambia ogni giorno, a questo non si attiene, sicché noi ci troviamo nell'impossibilità di conoscere quali fatti e quali lezioni tocchino nei vari giorni, come pure in quali giorni si debbano presentare i compiti di casa. (...) Nella sua mente regna il massimo disordine, come appare pur dalle sue lezioni nelle quali egli passa da una cosa a un'altra da quella indipendente. Riguardo alle lezioni a memoria, benché, per dire il vero, abbia in ciò ben limitate pretese, pure assegna cose che non ha punto spiegate rendendo in tal modo difficile per non dire impossibile l'impararle. I lavori scritti in classe si fanno in un tempo molto breve, durante il quale egli non fa che gridare o narrare fatterelli impedendo così qualsiasi attenzione. (...) Strepita ed urla spesso senza alcun motivo, indirizzando anche alle volte epiteti punto confacenti al rispetto che si deve alla scuola, contro coloro che egli dice essere suoi nemici.
E' tra noi il figlio del prof. in questione, il quale, pur essendo dal padre additato come esempio di sapere e di diligenza, si trova molto deficiente nelle altre materie; e ciò diciamo non per erigerci a giudici suoi; ma soltanto per far comprendere come dai voti che il figlio riporta nelle altre materie, dipendano in parte le nostre classificazioni in Latino e Greco; giacché il prof.Tassis ha più volte tenuto in classe simili discorsi: "Se gli altri professori danno degli zeri a mio figlio, perché non dovrò darne io a voi?"

20 dicembre 1899. La lettera riporta la firma di tutti gli alunni della 3A meno uno: chi?

(sullo stesso insegnante)
Non mi pare fuori di luogo far sapere alla S.V. come in questi ultimi giorni dopo l'Ispezione [si riferisce all'ispezione che era stata sollecitata dal preside a carico del prof.Tassis che era stato contestato dagli studenti] io sia diventato a Faenza un Preside, dirò così, celebre, perché lasciando anche stare le iscrizioni su per i muri delle case qua e là e presso l'Istituto, mi si volle onorare anche meglio attaccandosi la sera del 5 (di notte, s'intende) due cartellini scritti e ieri sera molti di più stampati.
E' inutile che io dica alla S.V. che se la cosa si riferisse a me personalmente, sarei proprio molto meschino ad occuparmene; ma riferendosi a me Preside mi pare di dover sottoporla alla considerazione di Lei, e specialmente se si pensi che se si scrive morte a me, la polizia potrebbe anche non interamente ignorare che ci sono delle iscrizioni di Viva il Tassis per dare, se occorre, un po' più di luce alla cosa e che ad ogni modo sarebbe bene che il vivo e il morto cessassero
.
Lettera al Provveditore del 7 aprile 1900. Pare che il preside Del Seppia sospetti proprio il prof.Tassis di essere l'autore delle scritte.

Lo scalmanato
al R.Provveditore - Ravenna
Giudico mio dovere, nell'assenza del Sig.Preside, di informare la S.V.Ill.ma che da qualche giorno il prof.Rodigliero di questo R.Liceo dà segni di agitazione mentale piuttosto gravi. So che si è recato dal sindaco di qui a fargli un racconto stranissimo di brutture domestiche, esprimendo il desiderio di separarsi dalla moglie: per quanto mi consta le cose narrate dal professore non hanno alcun fondamento di verità, ma so anche che in casa di lui avvengono frequenti scenate provocate dal suo carattere irascibile e sospettoso: tanto che il Sottoprefetto ha disposto un servizio di sorveglianza presso la casa stessa, onde impedire possibili guai. Stamane poi detto professore è venuto da me alle 5.15' ad avvertirmi che, per affari suoi, doveva partire da Faenza e a chiedere tre giorni di licenza: so , difatti, che è partito con un suo figlio. Tali le condizioni attuali del prof. Rodighiero; devo però aggiungere che in questi giorni, cioè dal 22 ad oggi,. in classe non ha dato motivo di apprensione
(27 maggio 1911. La firma illeggibile è di un insegnante che fungeva da vice preside)

Discoli
Il giorno 9 corrente mentre io faceva lezione agli alunni di 2a e 3a classe, il sig. Violani Orazio alunno di 1a classe si mise cavalcione nella prima finestra del corridoio della Scuola Tecnica; lo invitai per ben tre volte a voler scendere ma tutte le mie preghiere furono inutili, allora io, lasciando le squadre in lezione, andai dal Sig.Violani e con buone maniere tornai ancora a pregarlo acciocché scendesse; vedendo che le preghiere non giovavano ci dissi: "o scenda o faccio chiamare il Preside"; ed il signor Violani mi rispose così: o Lei faccia pur chiamare il Preside e chi gli pare e piace.
Italiano Riderelli Maestro di Ginnastica, 1883.

Mi duole di avvertirla che il figlio suo Marcello, alunno della 2a classe del Liceo, per avere percosso in iscuola e maltrattato per istrada un compagno che gli negava la traduzione latina, è stato da me allontanato dalle lezioni di domani. (...) Il preside E.Chiorboli
Faenza, 13 novembre 1924

Lettere di genitori

Ill.ma signoria sig.Preside del R.Liceo Torricelli di Faenza
Ammiro la premura che la S.V.Ill.ma ebbe per me e ne la ringrazio immensamente.
Non credevo giammai che mio figlio in sì poco tempo rimasto solo in Faenza, fosse uscito totalmente dalla retta via, ciò mi da gran pena, gli ò scritto subito sperando che si corregga, e nello stesso tempo prego la S.V.Ill.ma a volergli usare al sua clemenza, avendo la sicurtà da padre, confido tutto alla sua generosità. Voglia Ill.mo sig.Preside ricevere i miei più vivi rispetti.

Gattaia (Vicchio), 25 Maggio 1883

Con sommo dispiacere ho ricevuto la di lei lettera nella quale mi fa nota della cattiva condotta di mio figlio. Prego la di lei bontà a farle una severa correzione da padre; io pure glielo fatta e gliela farò tuttora. Quanto sacrifici o mio signore mi tocca fare; e poi i figli non approffittano dei sacrifici che si fa. Confidando nella bontà di lei credo che gli vorrà perdonare come già sento che non ne ha renduto conto ai Signori Proffessori, e per questo la ringrazio e gliene sono obbligato. Voglio sperare che sarà la prima e l'ultima che farà altrimenti sarà punito come si deve. Riceva i più cordiali saluti e così pura la madre dispiacentissima la ringrazia ed implora per lui il perdono. Signore, le usi misericordia che siamo povera gente. La riverisco e mi firmo di lui padre. Tante scuse del mal scritto e degli errori.
4 novembre 1905

Mio figlio Aldo il sabato ultimo scorso trovandosi alla lezione del Professore di Matematica, questi gli diede più schiaffi perché il fanciullo non si trovava nel proprio posto. Il signor Professore poteva bensì ammonire il fanciullo, ma schiaffeggiarlo mai., Io non ho fatto rapporto prima d'oggi perché ho voluto accertarmi della cosa. Le dirò ancora che questa non è la prima volta che il sullodato Professore si prende la libertà di schiaffeggiarlo in presenza della scolaresca
19 gennaio 1901

(Ancora sul medesimo insegnante: è lo stesso scalmanato di cui sopra)
Ill.mo sig. Preside
Il professore di Matematica Sig. Rodighiero va in scuola e fa lezione in una stato di eccitazione tale che spaventa i ragazzi. Non solo, ma se qualcuno si permette di chiedere qualche schiarimento, o fare qualche giusta osservazione, monta su tutte le furie, e qualche volta li percuote anche. Perciò io avendo un figlio in detta classe, sono assai preoccupato (...)
Brisighella, 19-12-1911

Con dolore le avverto che il mio figlio, Michele, [N.B: si tratta di Michele Campana, lontano parente di Dino: diventerà un celebre giornalista] non può intervenire alle lezioni di questi giorni, giacché si trova a letto per una disgrazia successagli mentre col Calabri, inscritto in questo istituto, ritornava a casa lunedì a sera: il cavallo impaurito si diede a correre pei campi ed essi caddero, mio figlio ferendosi ad una gamba, in modo che un po' per la paura e un po' per la ferita con la febbre si trova a letto, tanto che dispero de la sua guarigione anche dopo Natale. 
(Modigliana, 1901)

Signor Preside, avete dato voi l'ordine al prof. don Garelli di far imparare a memoria tutti "I Sepolcri" del Foscolo e assegnarne 50 versi per volta? Con quello che mangiano questi ragazzi ora, c'è proprio da star lì ore e ore solo per le cose di memoria! Finiti "I Sepolcri", farà imparare la "Gerusalemme". Che sistema è questo? Meglio è che spieghi greco e latino adagio da farsi capire perché corre tanto che ormai ha finito il programma.
Quello è un matto! Speriamo nel vostro paterno aiuto perché voi, senza adulazione, siete paternamente buono. Se voi non riuscirete si ricorrerà al Provveditore.
Provvedete, siate buono, ma tenete il segreto.

(lettera anonima, 1941)

Giustificazioni

Ieri mattina, fermo di mantenere la promessa a Lei fatta, men venni a casa e mi posi a tavolino per prepararmi il meglio possibile agli esami di lettere. Ma non avevo tenuta la mente occupata una sol'ora che mi sopravvenne un tale sbalordimento di capo da farmi credere che fossi divenuto pazzo. E fui costretto a lasciar lì Crodato, Cicerone, Fornaciari e uscir di casa, onde pigliare un po' d'aria. Come il convalescente non può tornare tutto d'un tratto alle usate fatiche, così io non posso in poche ore avvezzarmi al giogo pesante. (...) La prego quindi a scusarmi se rimetto nuovamente i miei orali ad Ottobre. (1882)

Stimatissimo Sig. Professore,
Sono pronto a confermarle per iscritto quanto le ho detto quest'oggi a voce: sono io l'autore del guasto recato alla sua bicicletta.
Non creda che io cerchi con questa mia lettera di scusare la mia azione riprovevole; confido però nella sua infinita bontà e spero vorrà perdonare il mal fatto. Stia pur certo che non lo feci né per malanimo né per vendetta: che anzi le devo ferma gratitudine per le cure, direi paterne, che Lei ha avuto sempre per me. Ma suggestionato da altri, inconscio di quello che facevo, in un momento di allegria, non ho pensato tutta la gravità del mio fatto
(19 giugno 1903)

Ill.mo Sig.Preside.
è con animo afflitto e profondamente contrito, che mi accingo a scriverle queste parole, sincere, perché suggerite da quella coscienza, sinora recondita, che soltanto Ella, con un paterno rimprovero, ha saputo risvegliare.
Ho ancora impresse nel cuore le aspre, ma nello stesso tempo dolci, parole, che Ella, Signor Preside, si è degnato di rivolgermi oggi, invece di colpirmi con un'aspra punizione, che una rigorosa giustizia non avrebbe mancato di infliggermi.
Ella mi ha aperto gli occhi, e solamente ora posso considerare pienamente la mia nefandezza. L'immeritata clemenza che ha usato nei miei riguardi malgrado l'atroce fallo a cui sono giunto è stata per me la più terribile umiliazione, ma, nello stesso tempo, è stata una mano tesa sull'orlo dell'abisso del male, che mi ha fatto intravere la possibilità della salvezza. Ora dovrò percorrere a ritroso la via che ho finora seguito, una nuova via, che porta alla redenzione. Essa sarà faticosa, non già facile come l'altra, ma le prometto che saprò percorrerla sino infondo. Il suo gesto magnanimo non sarà vano, ma meglio di qualsiasi punizione otterrà lo scopo voluto.
Ammirato della sua grande clemenza, e non senza vergogna, le porgo i più sinceri ringraziamenti per tutto ciò che ha fatto per me.

(13 dicembre 1954)

Un elogio solenne collettivo

Studenti
E' passata una settimana senza un'assenza. Segnalo questo fatto che mi fa ben augurare di voi e de' vostri studi e vi conforta a perseverare, ricordandovi che nessun atto virtuoso val molto al nostro perfezionamento, se la costanza non lo suggelli e consacri in abito eletto. Così cospirando tutti al buon andamento dell'Istituto, voi ritrarrete frutto dal vostro annuale lavoro: a noi toccherà il più caro compenso delle cure nostre, quello di non avere adoperato indarno.             Il preside. F.Simoncelli.
Faenza, 30 giugno 1886

Il grande cartello è scritto in bella calligrafia, certamente per essere esposto in evidenza. E' probabilmente l'unico esempio di elogio solenne collettivo nella storia del Liceo.

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Primi scioperi

Il primo sciopero documentato nel Liceo risale al 1903. E' motivato dalle nuove disposizioni ministeriali per gli esami di fine anno.
Secondo gli studenti, "è un'astensione seria e necessaria ed è stata compresa ormai in Italia da tutti gli onesti e da tutti coloro che hanno a cuore la causa degli studenti".
Secondo il Consiglio dei Professori, l'astensione "dipende da puro malinteso". Gli alunni vengono "invitati a riprendere immediatamente le lezioni ed a rileggere attentamente, onde ben capire, il testo della circolare" ministeriale.
L'invito non viene accolto. Per il Preside Del Seppia, gli studenti si sono lasciati suggestionare e sono trascinati dalla loro indole turbolenta di Romagnoli: "dovrei meravigliarmi se non sapessi come questa gente di Romagna facilmente si accenda e senta più forte che altrove la solidarietà". Dell'indole dei romagnoli egli aveva fatto esperienza anni prima, quando gli era stato preso a sassate all'uscita dell'edificio scolastico.

Scioperi scolastici si ripeterono a livello nazionale nel 1910; nel 1916, nel 1919, nel 1921.
Nel 1910, le direttive superiori parlano di "un'aberrazione che deve cessare", consigliano di usare "sicurezza, fermezza e tatto" ed invitano i presidi ad escludere gli scioperanti dall'esonero dalle tasse e dalla promozione senza esami.
Più dure le disposizioni del 1916, in tempo di guerra. "Qualsiasi tentativo di turbare la pubblica tranquillità sarà prontamente represso". Le dimostrazioni "potrebbero essere di esempio e di incentivo ad elementi turbolenti per frammischiarsi ai giovani per commettere eccessi."
Nel 1919, il Torricelli non aderisce alle manifestazioni. Il Provveditore se ne compiace e prega il preside "di esprimere una lode alla scolaresca che ha saputo così bene distinguersi per il contegno tenuto di fronte al tentativo di turbare anche in codesto Istituto l'ordine e la disciplina". 

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