Liceo Torricelli

Insegnanti celebri: Gaetano Salvemini

 

Gaetano Salvemini (1873-1957)


 

Salvemini insegna Storia e Geografia al Torricelli dal 1896 al 1898. Funge da bibliotecario, accompagna a Firenze gli alunni nella prima gita scolastica della storia del Torricelli. Della sua esperienza a Faenza rimane traccia, oltre che nell'epistolario, nei numerosi scritti che Salvemini ha dedicato al mondo della scuola.

Sull'insegnamento di Salvemini a Faenza, vedi
G.Bertoni, Gaetano Salvemini a Faenza, in "Convegno di studi su Gaetano Salvemini", Faenza, Stabilimento grafico Fratelli Lega, 1973, pp.79-89

Qualche documento su Salvemini a Faenza

Documenti ufficiali: Stato personale di Gaetano Salvemini.
Generalità, pubblicazioni, carriera, titoli, concorsi.

Stato personale
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Stato personale
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Stato personale
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Stato personale
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Stato di famiglia

Stato di famiglia
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Stato di famiglia
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Il biglietto con cui Salvemini comunica di essere stato nominato al liceo Torricelli e chiede di potersi presentare a scuola con un paio di giorni di ritardo rispetto alla data fissata del 30 ottobre 1896.

Biglietto Salvemini

Partecipaziome matrimonio Salvemini

Biglietto di partecipazione alle nozze di Gaetano Salvemini, celebrate a Firenze il 21 ottobre 1897. Rientrato dal permesso matrimoniale,  Salvemini ripartì per Villafranca d'Asti, per rappresentare la scuola al funerale di Paolo Luotto, insegnante di filosofia al Torricelli, che era scomparso dopo breve malattia.

Salvemini avrebbe perso tragicamente moglie e figli nel terremoto di Messina (1908).

La lettera in cui Salvemini racconta il funerale di Luotto

Firenze, 26 dicembre ‘97

Pregiatissimo Sig. Preside,
Voglia scusarmi se non Le ho scritto qualche giorno prima per renderle conto della mia spedizione a Villafranca d’Asti. Il viaggio a rotta di collo di andata e ritorno mi aveva esaurito molto più che non credessi e mi lasciò la testa stonata in modo che durante i primi giorni di quiete non ho trovato energia bastante per scrivere.
La sera di lunedì passato, quando ero ancora a Faenza, mi arrivò un telegramma dell’avvocato Brezzi [il suocero di Luotto], che mi annunciava che potevo andar a Villafranca con treno delle 10 30, perché mi avrebbero aspettato. Così mi risparmiai il viaggio in carrozza, che dato il freddo sarebbe stato disastroso.
A Villafranca era tutto pronto per i funerali, quando arrivai ebbi appena il tempo di salutare la povera signora Eugenia istupidita addirittura dal dolore; e poi ci s’incamminò per la chiesa. Credo che non mancasse nessuno dei compaesani del povero Luotto ai funerali; piangevano tutti e si vede che gli volevano molto bene. Povero Luotto! facevano tutti a gara a raccontarmi qualche aneddoto della sua vita, parlavano tutti di Gerolamo Savonarola senza saper chi fosse, e parlavano anche di Luotto come di un insigne giocatore di boccie collo stesso entusiasmo con cui ne parlavano come di illustratore di Fra Girolamo. I cantori nella messa urlavano come tanti indemoniati per dimostrare all’amico il loro affetto. Era un insieme molto commovente, quantunque attraverso alla commozione non fosse facile trattenere di tanto in tanto il sorriso per le forme ingenue e strane con cui tutti mostravano il loro dolore.
C’era tanti fiori, che non si sa donde fossero venuti; il povero Luotto aveva molti amici, e la sua povera Signora era nel suo dolore contenta di vedere che tante persone avevano voluto mostrare con fiori la loro amicizia e la loro stima per il morto.
Di discorsi ce ne furono parecchi; mi pare d’averne contati sette; anch’io dissi due parole a nome di Lei, dei Colleghi e dei discepoli.
La Signora Eugenia e il suo babbo e gli altri di famiglia furono infinitamente commossi della mia presenza; la Signora Eugenia, poi, mi usò tanta gentilezza e trovò nel suo dolore tante piccole attenzioni per me, che io dovevo fare dei grandi isforzi per non piangere. Le confesso che se avessi preveduto tutte le emozioni, che mi aspettavano a Villafranca, non avrei accettato l’incarico di andarvi.
Non mancai di presentare alla Signora Eugenia coi saluti di tutti i Colleghi anche quelli della Sua Signora e della Sua Signorina. È inutile che dica a Lei e agli altri Professori tutti i ringraziamenti, che ebbi l’incarico di comunicare loro. Credo anzi che a quest’ora a Faenza sarà arrivata qualche lettera della famiglia
[segue la distinta delle spese sostenute per il viaggio].
Con mille saluti a Lei e ai suoi Colleghi sono di Lei Dev.mo
Gaetano Salvemini.

[Paolo Luotto, docente al Torricelli dal 1892 al 1897, fu autore di una fondamentale monografia su Girolamo Savonarola]

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"Io sto abbastanza bene e lavoro in modo da esserne contento. Il mio insegnamento va a gonfie vele. Su undici alunni della terza liceale, uno solo—il più cretino— è monarchico; uno è socialista; uno repubblicano; due clericali; uno critico ma con forti tendenze verso il socialismo; tutti gli altri repubblicaneggianti. Io, purtroppo, non posso esporre le mie opinioni; e quando andiamo insieme a passeggio lascio che parlino essi e discutano; intervengo solo di tanto in tanto in forma infamemente gesuitica, facendo delle osservazioni e adducendo fatti, che a prima vista dan torto al repubblicano e al socialista e perciò sono accettati con entusiasmo dagli altri; ma le mie parole a poco a poco provocano una fermentazione nella mente di tutti; il socialista diventa più socialista; il repubblicano va passando al socialismo; gli altri si vanno rischiarando; i due clericali diventano più clericali; ma fra un anno non saranno più tali. Se resto in Faenza altri due anni, fra cinque anni tutta la Romagna sarà socialista. I miei scolari mi adorano; se domani il ministero volesse mandarmi via di qui per le mie idee, qui si ribellerebbero tutti. Io non smetto mai per un momento la mia prudenza; i miei scolari non riescono a capire come io la penso; vedono che do ragione e torto a tutti e per questo stanno con me senza sospetto. Tutto questo non so se sia bene o male; certo è ipocrita; ma io devo adattarmi all’ambiente."

(Salvemini a Carlo Placci - Faenza, 29 gennaio 1897)

"Quanto al Salvemini, io non posso fare altro che ringraziare il Ministero come del più bel regalo che abbia fatto a questo Istituto: è un giovanotto egregio che deve far carriera e presto e che ha saputo acquistarsi subito l’affetto e la stima di tutti".

(dalla relazione del preside Del Seppia al Provveditore, giugno 1897)

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