Laboratorio di Storia Locale

I Maori a Faenza
Testimonianza di Mario Tamburini di Casa Bianca

 

 

Tamburini Mario
Nato il 15 Settembre 1920
Celibe. Viveva con la nonna, la madre e le due sorelle (il padre era morto nel 1935). Abitavano con loro anche lo zio con la moglie e i tre figli [ Tamburini Pietro (22/10/1925), Tamburini Angelo (28/05/1929) e una sorella ].
Di mestiere contadino
Risiedeva al tempo in Via Celle, 9 ("Casa Bianca")

Il primo incontro tra il sig. Tamburini e un militare alleato avvenne la notte del 14 dicembre 1944, alle ore 20 circa. Il militare era un ufficiale della Compagnia D del 28^ Battaglione Maori.
Quella sera, la famiglia Tamburini si trovava nel rifugio costruito in un pagliaio adiacente alla casa dei vicini, chiamata "Casa Nuova". Verso le ore 20, un soldato si avvicinò all'ingresso del rifugio dicendo: "Kameraden?". Dall'interno Mario rispose "Nicht Kameraden", ma la cugina, che si trovava sulla soglia, ribatté: "Non parlare in tedesco, questo è un soldato di colore". Mario si avvicinò e chiese di che nazionalità fosse e il soldato rispose mostrando lo stemma della Nuova Zelanda che aveva attaccato al giubbotto. Fuori c'erano anche altri soldati alleati. Il neozelandese chiese se a "Casa Bianca" ci fossero dei tedeschi. Fuori si sentirono degli spari e, mentre il soldato Maori impediva loro di uscire dal rifugio, Mario chiese se "Casa Bianca" stesse bruciando. I soldati alleati avevano infatti lanciato granate incendiarie sui pagliai che si trovavano nelle zone circostanti. Prima di allontanarsi col resto della compagnia, uno dei soldati neozelandesi salutò dicendo "Buona notte, amigo. Domani Faenza sarà liberata." Poco tempo dopo che i soldati Maori si erano allontanati, arrivarono due soldati tedeschi, che si rifugiarono nel pagliaio insieme ai Tamburini.
La mattina seguente (15 dicembre), i neozelandesi spararono delle granate incendiarie anche sul pagliaio di "Casa Nuova"; Mario, la sua famiglia, i 2 vicini e i 2 soldati tedeschi si spostarono in un altro rifugio nel capannone di "Casa Bianca", in una buca provocata dallo scoppio di una granata.
I tedeschi avevano posteggiato un carro armato davanti "Casa Nuova" (presumibilmente perché avevano finito le munizioni): il carro armato venne incendiato da 3 granate perforanti lanciate dai soldati neozelandesi, che si trovavano a "Villa Palermo". I combattimenti continuarono poi con raffiche di mitragliatrici. Alcuni colpi vennero sparati anche su "Casa Bianca", allora Mario gridò "Civili, civili!"; i colpi cessarono e la famiglia uscì dal rifugio. I due tedeschi, sfruttando l'occasione, si allontanarono senza essere visti verso la Via Emilia.
I Tamburini cercarono di rientrare in casa, ma i soldati neozelandesi avevano chiuso le porte. Il primo che riuscì ad entrare fu Angelo, che aveva trovato la porta sul retro aperta. Davanti alla porta d'ingresso, erano ammucchiati i cadaveri di 14 soldati tedeschi. I soldati tedeschi si erano arresi ed erano stati fatti prigionieri, ma i Maori, sia perché non avevano personale sufficiente per accompagnarli nelle retrovie alleate, sia perché qualche tempo prima alcuni tedeschi avevano assassinato due loro ufficiali nel riminese senza alcun apparente motivo, decisero di uccidere i prigionieri. Furono inoltre trovati altri 5 cadaveri di soldati tedeschi: 2 nel giardino vicino alla strada, uno oltre l'incrocio - in direzione di Castel Bolognese - e 2 carbonizzati in un pagliaio. I Tamburini passarono la notte in casa, ma non riuscirono a dormire per la paura: tedeschi e alleati stavano ancora combattendo.
La mattina seguente (16 dicembre) si trasferirono in una casa vicina, nella quale non trovarono tedeschi. Tornarono poi a "Casa Bianca", dove c'erano ancora i soldati Maori e alcuni carri armati. I soldati alleati restarono lì ancora per circa 5 giorni. Mario, Angelo e Pietro ebbero il compito di seppellire i corpi dei tedeschi: li misero in un vecchio rifugio inutilizzato.
Il sig. Tamburini afferma che i soldati Maori si comportarono sempre in maniera civilissima e molto onestamente. Ricorda, inoltre, che erano molto disordinati e che a lui era sempre chiesto di recuperare gli oggetti sparsi dappertutto.


NOTA.
Abbiamo notato che, mentre gli orari indicati da Hinga, nella suo ricordo di Faenza, coincidono con quelli ufficiali, riportati nel libro "Official history of New Zealand in the Second World War", questa testimonianza anticipa di un buon numero di ore l'arrivo dei Maori a "Casa Nuova". Non è detto che quanto riferitoci da Tamburini sia sbagliato: alcune pattuglie, infatti, potrebbero essersi mosse prima dell'attacco generale, come di solito accade in simili occasioni.